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Caratteristiche architettoniche della città e suoi cambiamenti
15 settembre 2020

Grande successo di pubblico e di critica ha riscontrato l’ultima fatica culturale della Associazione “Eredi della Storia”, con la prosecuzione anche in questa estate, nonostante la pandemia in corso, della rassegna “Storia sotto le stelle”. L’evento, organizzato in collaborazione con la locale sezione ANMIG e col patrocinio del Comune, ha avuto come tema “Molfetta ieri e oggi - Racconti di storia locale”. A moderare l’incontro il prof. Luigi Campo, esperto conoscitore della città e lucido lettore della realtà nostrana, che ha introdotto il relatore principale della serata: l’ing. Andrea de Gennaro, che a sua volta si è avvalso della collaborazione del cav. Sergio Ragno. La storia dell’architettura molfettese parte con il commento di due monumenti sacri molto cari alla cittadinanza: la Cattedrale e la Basilica della Madonna dei Martiri. La Cattedrale, nata come chiesa al servizio del collegio della compagnia del Gesù, venne acquistata dal vescovo Celestino Orlandi dopo la soppressione dell’ordine dei Gesuiti e poi trasformata nella odierna configurazione dal vescovo Gennaro Antenucci. Quest’ultimo, per i lavori di ampliamento dell’abside e di decoro delle navate, si avvalse di uno dei migliori architetti pugliesi dell’epoca: Giuseppe Gimma, passato alla storia per il progetto urbanistico del quartiere Murat di Bari. La Basilica della Madonna dei Martiri, così chiamata per un martirio ivi avvenuto nel X secolo, ha mutato configurazione nel corso dei secoli. Fino alla prima metà dell’Ottocento, la vecchia chiesa era costituita da tre cupole in asse (simili ai trulli) con l’abside rivolto ad est, verso Gerusalemme. La radicale trasformazione compiuta nella seconda metà dell’ottocento, le ha conferito l’attuale aspetto neoclassico. La posizione decentrata della Basilica si spiega con la storia del Porto di Molfetta. In passato l’approdo principale era Cala san Giacomo, cui successivamente si aggiunse la Cala dei Pali: tale nome deriva dal fatto che sulla spiaggia vi fossero infissi dei pali in legno per il traino della barche da pesca sulla riva per le necessarie opere di manutenzione. L’insabbiamento della Cala, da cui il nuovo toponimo “Secca dei pali”, portò allo spostamento dell’approdo verso la città vecchia, con i lavori iniziati sotto il governo borbonico e poi continuati sotto il regno d’Italia: notevole, la visita dell’ing. Alfredo Baccarini, all’epoca ministro dei Lavori Pubblici, alla posa della prima pietra del molo san Vincenzo, nel 1882. In alcune foto d’epoca, è possibile ammirare le vestigia delle fortificazioni molfettesi, e l’ing. de Gennaro ha voluto proporre al pubblico alcune ipotesi da lui maturate nel corso dei suoi studi. Fermo restando la presenza della prima cinta muraria, ancora visibile, poche tracce restano della seconda cinta muraria, costruita dopo il terribile sacco del 1529. Egli ipotizza che questa nuova cortina difensiva, costruita sotto il dominio Gonzaga, non avesse un castello, bensì due torrioni di notevoli dimensioni come se ne possono vedere di simili nella città di Lucca in Toscana, il cui disegno è simile a quello dei progetti molfettesi. Sul luogo di uno dei torrioni, tra via Respa e via Ugo Bassi, furono costruiti e demoliti diversi edifici, tra cui il palazzo della Gioventù Italiana del Littorio. A questo punto è intervenuto il cav. Sergio Ragno, in qualità di testimone oculare della demolizione del fabbricato: fu la volontà politica delle amministrazioni dell’epoca a voler porre fine ad un pezzo di storia del paese, ora sostituito da un moderno edificio che occupa una zona archeologicamente e storicamente interessante del tessuto urbano. Il relatore ha poi velocemente raccontato la storia industriale di Molfetta, soffermandosi sulla definizione di Manchester del Sud (o delle Puglie) proferita dal re Umberto I di Savoia, durante uno dei suoi viaggi nel meridione. All’epoca, le maggiori industrie molfettesi, erano concentrate nella zona intorno alla stazione ferroviaria. Per chiudere il cerchio, data la vicinanza al luogo, il relatore ha mostrato foto e immagini inedite della Torre dell’Orologio: la prima, più piccola che ha adornato per secoli l’ingresso principale della prima cinta muraria e la seconda, grande il triplo della prima, costruita nel 1885-86 e poi demolita nel 1897 per evitarne il crollo, con conseguente perdita dello storico portale e di vite umane. In chiusura, commentando la foto di un tipico tramonto molfettese, l’ing. de Gennaro ha voluto sottolineare l’importanza dell’articolo 9 della Costituzione italiana, riguardante lo sviluppo della cultura e la protezione delle bellezze paesaggistiche e monumentali: cultura e arte sono due direttrici di progresso umano e materiale necessarie a rendere il pianeta un posto migliore. La serata è stata dedicata al compianto dott. Michele Spadavecchia, ad un anno dalla scomparsa, e alla nonna materna dell’ing. Andrea de Gennaro, donna Maria Minervini, venuta a mancare nel mese di luglio scorso. Ancora una volta, con il plauso del sindaco e delle istituzioni, l’associazione Eredi della Storia- ANMIG è stata capace di mettere a disposizione della città un evento culturale gratuito di rilevante interesse pubblico.

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