MOLFETTA - Dopo l’annuncio dell’avvio del processo di beatificazione di don Tonino Bello, riportiamo una biografia dell’indimenticabile vescovo molfettese, con la foto di copertina del numero di Quindici realizzata in occasione del decennale della morte. Antonio Bello nasce ad Alessano il 18 marzo 1935. Entrato nel Seminario di Ugento, completa i suoi studi nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta e nel seminario Onarmo di Bologna. Ordinato sacerdote da mons. Ruotolo l’8 dicembre 1957 è nominato vicerettore nel Seminario Minore di Ugento. Qui svolge il suo ministero per 22 anni dando prova di grande rigore su se stesso e dedizione totale nei confronti dei ragazzi. Consegue la Licenza in S. Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Vengono il 4 novembre 1959; e discute la tesi dottorale il 3 luglio 1965 presso la Pontificia Università Lateranense su I Congressi eucaristici e il loro significato teologico e pastorale. Nel 1969, don Tonino diviene, assistente dell’Azione Cattolica. Egli si impegna nella formazione del laicato; e in quanto vicario per la pastorale promuove l’istituzione del Consiglio Pastorale Diocesano. Nel 1978 è inviato dal vescovo Mincuzzi nella parrocchia del “S. Cuore” di Ugento come amministratore parrocchiale, e dopo meno di un anno viene nominato parroco nella Chiesa Madre di Tricase. In parrocchia attua le linee del piano quadro della Diocesi, istituisce il Gruppo Caritas, con il suo osservatorio delle povertà, evidenziando una grande sensibilità nei confronti dei poveri. Eletto Vescovo il 10 agosto 1982 delle diocesi di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e il 30 settembre dello stesso anno di Ruvo di Puglia, è ordinato il 30 ottobre 1982 e successivamente, il 21 novembre 1982, fa l’ingresso a Molfetta. Subito si mette all’opera incontrando le varie realtà pastorali della Diocesi. Dalle pagine del Settimanale Diocesano «Luce e Vita» comunica con i suoi fedeli richiamando il valore della liturgia, convocando il convegno Catechistico Interdiocesano per l’estate del 1983 sui temi dell’Evangelizzazione. Pone poi l’accento sui problemi della gente. Aperta la sua casa agli ultimi, impegnato sul fronte della giustizia per strada con chi era nel bisogno, mons. Bello spinge la sua attenzione verso i tossicodipendenti. Sicché nel 1985 fonda la Comunità di Accoglienza e Solidarietà “Apulia”, che nel suo acrostico suona col nome familiare di C.A.S.A., ad indicare che il recupero per i tossicodipendenti non passa solo per una cura disintossicante, ma passa per un «recupero di tutta la persona a quote di normalità familiare e sociale». Egli attua la sua carità pastorale visitando continuamente tutte le parrocchie e interessandosi della vita delle associazioni e dei gruppi presenti in diocesi. Avvia anche un deciso rinnovamento della vita pastorale secondo le indicazioni provenienti dal Concilio, dal magistero del Papa e dalla Chiesa italiana. Promulga il Progetto Pastorale Diocesano Insieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi che coinvolge tutte le componenti della chiesa locale. Il rapporto di mons. Bello col presbiterio è improntato da una profonda fraternità sacerdotale radicata nella comunione presbiterale. Egli non smette mai di formare e esortare i suoi sacerdoti alla comunione che egli esprimeva con l’immagine del «camminare insieme, senza fughe in avanti di pochi e senza rallentamenti». Negli anni dell’episcopato, pone il suo tavolo da lavoro, dove scriveva lettere, elaborava scritti, componeva discorsi e omelie, nella Cappella dell’Episcopio, nella costante presenza eucaristica. Tale scelta non è dettata da motivi contingenti, ma da veri e propri motivi di natura spirituale. Il suo lavoro, il suo impegno, il suo ministero trovano fondamento, slancio, comprensione, conforto, fiducia solo nell’Eucaristia. Da lì tutto parte e tutto converge. In questo mons. Bello vuole tradurre in prassi il principio della Sacrosanctum Concilium che vede nell’Eucaristia la fons e il culmen della vita cristiana. Dall’Eucaristia egli fa nascere ogni ispirazione pastorale, e alla Eucaristia spinge i suo fedeli a fare costante riferimento. Dall’Eucaristia, e in maniera esplicita, mons. Bello fa scaturire la prassi ecclesiale. Per cui veramente per il Vescovo l’Eucaristia è forma ecclesiae, nel senso che la fede ecclesiale e la prassi comunitaria nascono e si nutrono dell’Eucaristia. È significativo come il suo magistero episcopale trova una costante nel continuo riferimento, anche se non esclusivo, ai testi scritturistici della istituzione dell’Eucaristia, della lavanda dei piedi e del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Egli si ritira in preghiera alla presenza dell’Eucaristia nella cappella dell’Episcopio, dove passa lunghe ore, soprattutto nella notte in piena preghiera contemplativa. Contempalazione che è capace di vivere anche durante la giornata sapendo cogliere sempre i segni della presenza di Dio, prima di tutto nelle persone che incontra, nelle quali vede sempre riflessa l’immagine di Cristo, e questo soprattutto nei poveri, e poi anche nella bellezza della creazione, di cui sa intuire in profondità il senso più recondito dell’amore di Dio. Mons. Bello, dà testimonianza veramente eroica di povertà. Egli vive una vita veramente povera non trattenendo nulla per sé, e questa è la testimonianza più immediata colta dalla gente. La sua dignitosa povertà gli permette di accostare e farsi accostare da tutti, dal ricco come dal povero, dai potenti come dai diseredati. Tutti trovano accoglienza nel suo cuore e tutti trovano accesso alla sua persona per ricevere un colloquio, un consiglio o un aiuto. L’attenzione agli ultimi, egli spiega non è una scelta esclusiva, ma inclusiva. Partire dagli ultimi per arrivare a tutti, per questo egli parla di «convivialità delle differenze» e si impegna per la promozione della Caritas in ogni parrocchia della Diocesi. Apre Centri di Accoglienza ed è sempre in prima linea nei momenti più difficili. In tutto egli mostra in maniera veramente eroica la fiducia nella divina Provvidenza. Non presenta mai segni di sfiducia o abbattimento, ma sempre trova rifugio in Dio ed esorta gli altri a vivere lo stesso atto filiale di abbandono nell’amore di Dio. Nel 1985 è nominato Presidente nazionale di Pax Christi, facendosi profeta di giustizia sulle vie della pace fino all’ultimo suo respiro. Le radici della pace vengono ricercate nel «monoteismo trinitario di Dio». E così alla pace del mondo egli contrappone la pace di Gesù Cristo, «così come al Dio dei filosofi si contrappone il Dio di Gesù Cristo». Una pace che ha il suo archetipo nella Trinità, e che trova il suo laboratorio nella famiglia. La malattia lo coglie in maniera improvvisa. Egli non si scoraggia e dopo essere stato operato allo stomaco una prima volta, torna al suo consueto ritmo pastorale. Poi il male riprende tutta la sua virulenza e a nulla valgono le cure. Anche in questa circostanza egli si affida alla volontà di Dio. Vive con estrema fiducia anche i momenti più dolorosi. In ciò dando testimonianza veramente eroica della fede in Dio e della speranza nella risurrezione. Egli fa del suo letto di dolore un «altare scomodo» da cui continua ad esortare, a incoraggiare, a stare a fianco del suo popolo, che aveva amato fin dal primo momento e che adesso continua a servire. Debilitato nel corpo, il suo spirito è più vivo e sensibile che mai. Anzi, purificato dalla lunga sofferenza, diffonde attorno a sé un alone di grazia colto da tutti attraverso la sua testimonianza di fede nell’ora terribile del dolore. È morto a Molfetta il 20 aprile 1993. I funerali, celebrati sulla piazza antistante l’antico Duomo, sono seguiti da una folla innumerevole di persone giunte da tutta l’Italia. Dopo la morte, la memoria di mons. Bello non si è mai affievolita nel cuore dei suoi fedeli. Essi hanno conservato nel proprio cuore come gemme preziose ogni parola ascoltata e ogni gesto vissuto. Soprattutto hanno tenuto vivo l’insegnamento consegnato dal Pastore alla sua Chiesa: “amate Gesù Cristo”, “amate i poveri”, “ amate la povertà”, “siate costruttori di pace”. Ed è sul fondamento di questa testimonianza che in questi anni si sono moltiplicati i centri caritas e le case di accoglienza intitolati alla memoria di mons. Tonino Bello, sparsi per tutta Italia. E a mano a mano che passa il tempo la sua testimonianza diviene sempre più luminosa.