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Antonio Gramsci. Mezzogiorno e rivoluzione (II parte)
10 giugno 2007

NAPOLI - 10.6.2007 Gramsci riesce ad avviare il suo progetto politico di alleanza tra operai e contadini solo al suo ritorno dall'Unione Sovietica, nel 1924, quando ha l'opportunità di sostituire Bordiga alla guida del Partito comunista d'Italia. Tuttavia, la frammentazione del mondo contadino e la scarsa esperienza di questo mondo da parte dei dirigenti comunisti da un lato e la stretta repressiva del regime fascista dall'altro, impediscono che il progetto di penetrazione del comunismo nelle campagne possa realizzarsi. Arrestato nel 1926, Gramsci (nella foto segnaletica al momento dell'arresto) affida le sue riflessioni sulla questione meridionale ad un breve manoscritto, successivamente pubblicato con il titolo Alcuni temi della questione meridionale. In esso Gramsci attribuisce al gruppo di Ordine Nuovo il merito di avere imposto alla classe operaia l'attenzione nei confronti della questione meridionale, concepita come uno dei problemi essenziali della politica rivoluzionaria. La realizzazione del blocco operaio-contadino, secondo Gramsci, richiede l'intervento dell'intellettualità meridionale: “Il Mezzogiorno può essere definito una grande disgregazione sociale; i contadini che costituiscono la grande maggioranza della sua popolazione, non hanno nessuna coesione tra loro. La società meridionale è un grande blocco agrario costituito di tre strati sociali: la grande massa contadina amorfa e disgregata, gli intellettuali della piccola e media borghesia rurale, i grandi proprietari terrieri e i grandi intellettuali. I contadini meridionali sono in perpetuo fermento, ma come massa essi sono incapaci di dare un'espressione centralizzata alle loro aspirazioni e ai loro bisogni. Lo strato medio degli intellettuali riceve dalla base contadini le impulsioni per la sua attività politica e ideologica. I grandi proprietari nel campo politico e i grandi intellettuali nel campo ideologico centralizzano e dominano, in ultima analisi, tutto questo complesso di manifestazioni. Come è naturale, è nel campo ideologico che la centralizzazione si verifica con maggiore efficacia e precisione. Giustino Fortunato e Benedetto Croce rappresentano perciò le chiavi di volta del sistema meridionale, e in un certo senso, sono le due più grandi figure della reazione italiana”. Attraverso un'analisi socio-politica, che richiama quella di Salvemini, Gramsci individua negli intellettuali, che forniscono i quadri per la formazione dei partiti locali, il tramite attraverso il quale si realizza la subordinazione dei contadini agli interessi della proprietà fondiaria, il cui unico scopo è la difesa dello statu quo. Da ciò l'importanza che potrebbero assumere gli intellettuali radicali meridionali una volta che si siano sottratti all'influenza quitestica dei grandi intellettuali liberali di ampio respiro europeo e mondiale, quali Croce e Fortunato, per fare proprie le posizioni rivoluzionarie, anche se di matrice liberale, di Piero Gobetti e Guido Dorso. Salvatore Lucchese
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