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Angela Amato: Molfetta porto aperto, accoglie sempre i suoi figli emigrati
15 settembre 2019

Non si dimentica, neppur volendolo, neppure quando la vita porta ad adottare usi e costumi diversi, quando si è lasciata la povertà per un benessere solo lontanamente immaginato. Si va avanti ma non si dimentica. Come un amore impossibile, passionale e tormentato che si vuole scacciare dal cuore ma che è sempre lì, così è Molfetta. Non si può sfuggire ed i molfettesi lo sanno, conoscono quel sentimento di struggente malinconia del quale non si libereranno mai. Amara terra mia, la definiva Domenico Modugno, una terra che è madre e che aspetta i suoi figli, che ogni anno tornano. E come in un pellegrinaggio tornano nei luoghi che li ha visti bambini, ragazzi innamorati. Sono motivati, sono decisi a mantenere le radici, a trasmettere il senso di orgogliosa appartenenza alle generazioni future, elementi costitutivi dell’Associazione Molfettesi nel Mondo, che, dal 1981 semina, concima e raccoglie. Di strada ne è stata fatta, raggiungendo, nel 2003, l’istituzione del Molfetta day. Non solo commemorazioni, eventi sociali, culturali ma impegno civile, soprattutto. Quest’anno il Convegno giunto alla 38ª edizione, è dedicato al Venezuela, un Paese che vive una situazione di instabilità politico- economica drammatica, un Paese, per il quale, i cittadini molfettesi hanno apportato un fondamentale contributo allo sviluppo economico, molfettesi che meritano un’attenzione dovuta verso chi porta il buon esempio all’estero. Angela Amato è una tenace sostenitrice dell’Associazione, non solo perché ne sia presidente, ma perché porta con sé promesse da mantenere, impegni da onorare verso chi guarda a Molfetta come l’indimenticata terra promessa. Un bel traguardo giungere alla 38ª edizione del Convegno dell’Associazione. Conoscendo il suo impegno, non sarà considerato come un punto di arrivo ma un punto dal quale ripartire. «Ogni anno cerchiamo di fare sempre meglio. E, soprattutto, cerchiamo di non ridurre la nostra attività al solo Convegno. I rapporti con i molfettesi all’estero, con le loro associazioni, l’accoglienza per chi arriva a Molfetta, magari per la prima volta o dopo tanti anni, richiedono un impegno costante, durante tutto l’anno. Inoltre, credo sia importante non fermarsi alla nostalgia dei ricordi - che pure sono sacri e meriterebbero di essere custoditi e tramandati - ma è bene guardare avanti, capire come rinsaldare i rapporti tra chi parte e chi resta, creare opportunità, rendersi utili per chi vive lontano. E, soprattutto, divenire punto di riferimento anche per i giovani, i figli, i nipoti e i pronipoti dell’emigrazione del ‘900, ma anche per chi è partito di recente o parte oggi. Per fare questo, diventano essenziali le collaborazioni con chi è esperto in nuove metodologie comunicative. La collaborazione con l’agenzia MoreView, per esempio, con cui abbiamo realizzato un progetto, in parte finanziato dalla Regione Puglia e patrocinato dal Comune di Molfetta, che ci vedrà volare in Argentina tra qualche settimana, è un’esperienza davvero gratificante. Con loro e con l’Associazione InCo-Molfetta abbiamo anche realizzato, lo scorso dicembre, la prima festa dedicata ai giovani che “stanno fuori”. Un successo inimmaginabile! E quest’anno la ripeteremo sicuramente. Ci stiamo già lavorando». L’attribuzione di una sede da parte dell’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Tommaso Minervini, in comune con l’Associazione In.Co, è un giusto riconoscimento per il ruolo svolto. «Che sia giusto, lo lascio dire a voi! Certo è un riconoscimento che ci riempie di orgoglio e che, nel contempo, ci dà una grande responsabilità: la sede in un locale del Palazzo di Città ci investe indubbiamente di un ruolo istituzionale e ci impegna ancor di più a rendere un servizio all’intera comunità cittadina, residente e non. Naturalmente, siamo grati al sindaco Tommaso Minervini, all’assessore Angela Panunzio e all’Amministrazione comunale, per averci concesso in locazione una così prestigiosa sede. La convivenza con InCo è una sfida e un’opportunità che stiamo già sperimentando. C’è uno scambio continuo tra le due associazioni e ne guadagniamo entrambe. E devo dire che il sindaco non si stanca di spronarci a guardare al futuro, ai giovani e a costruire per loro e con loro nuovi ponti, a tendere sempre più fili». Il Venezuela. Perché questo Paese così ricco di materie prime versa in una situazione drammatica e perché anche i molfettesi ne sono coinvolti? «Questa è una domanda a cui non si può rispondere con poche parole. Le cause sono molteplici e complesse, legate alla storia del Venezuela, ai rapporti con le potenze internazionali, ai governi che si sono succeduti, alla corruzione diffusa, agli stessi venezuelani… Una cosa è certa ora: la situazione è drammatica. C’è gente che muore di fame, mancano le medicine, l’energia elettrica e l’acqua, l’opposizione viene spesso repressa con metodi violenti, la stessa opposizione non sempre riesce ad essere efficace. In molti vorrebbero fuggire ma non possono e chi può non sempre riesce ad ottenere il passaporto. I consolati italiani sono al collasso. Un disastro, insomma. E a farne le spese è la gente comune, come sempre. Per averne un’idea, vi consiglio di ascoltare il podcast di un reportage di Barbara Schiavulli, giornalista di guerra, disponibile sul sito di Radio Bullets, la web radio di cui è direttrice, nostra ospite in occasione dell’apertura del convegno». Non solo incontri conviviali, concerti, convegni ma impegno concreto e propositivo. L’Associazione ha ampliato le sue iniziative negli anni in una equilibrata miscela tra folklore e proposte innovative. «Quando mi hanno chiesto di assumere la guida dell’associazione, nel febbraio del 2017, i soci erano una quindicina, il sito web non veniva mai aggiornato, la pagina facebook era il clone di quella di un brand locale e l’attività si limitava all’organizzazione di un convegno che assomigliava sempre più ad un rituale. Chi mi ha preceduto ha percepito che erano necessarie nuove energie e nuove idee e questo, in un mondo dove difficilmente si è disponibili a passare il testimone, è una vera rarità ed è un grande merito. In questi due anni e mezzo abbiamo fatto un grande lavoro a cui hanno partecipato tutti, anche i più anziani. In primo luogo, abbiamo pian piano, ricostruito i rapporti con le nostre comunità all’estero, che non si limitano solo ad Hoboken. Oggi, abbiamo rapporti costanti e proficui con l’Uniòn Molfettese Argentina di Buenos Aires, con l’Associazione Pugliese di Mar del Plata e con quella di Bahia Blanca, con le associazioni di Fremantle, Perth, Port Pirie, Adelaide e Sydney, in Australia, con la comunità molfettese di Montreal, in Canada e, naturalmente, con l’Associazione Madonna dei Martiri di Hoboken, con l’associazione femminile delle Devotees e con la Federazione Molfettesi d’America, negli Stati Uniti. Stiamo ritessendo una rete che vorrebbe coinvolgere tutti i molfettesi all’estero, compresi quelli residenti nei paesi europei e lì dove non ci sono delle comunità organizzate. Dopo due anni, oggi contiamo più di 90 soci, tra sostenitori, ordinari e junior; sulla pagina fb, siamo passati da poco più di 2.000 like a superarne abbondantemente i 6.000; abbiamo aperto un profilo Instagram e il nostro sito ha un nuovo look, più moderno e più ricco. Abbiamo un rapporto di collaborazione con il Consolato Generale USA di Napoli, per le questioni riguardanti la cittadinanza e le pensioni. Tutto questo, grazie ad un lavoro capillare e costante che funziona anche con l’uso delle nuove tecnologie, ai social ma, soprattutto, al passaparola tra i molfettesi sparsi nel mondo. Noi ci offriamo come punto di riferimento, come bitta a cui assicurare gli ormeggi di chi è partito ma, con il cuore, resta visceralmente legato a questa nostra Molfetta, al suo mare, alla sua terra, ai suoi profumi, ai suoi sapori, ai suoi tesori… alle sue tante virtù e ai suoi difetti. Portiamo avanti l’idea di Rodolfo Caputi e degli altri fondatori che avevano percepito la necessità che la città avesse il dovere di non dimenticare i figli emigrati che tanto hanno contribuito - e contribuiscono ancora - allo sviluppo economico di Molfetta, consapevoli del fatto che essi rappresentano una risorsa incredibile, da non ignorare e, anzi, da valorizzare. E questo vale anche per i nuovi emigranti, per i nostri tantissimi giovani che partono, per scelta o per necessità. Senza dimenticare il messaggio forte e chiaro che riviene dalla nostra storia e che oggi vale la pena ribadire con molta forza: accogliere, per Molfetta, è insieme un dovere imprescindibile e una caratteristica genetica. Molfetta è terra di partenza e terra di arrivi, da sempre. Un porto aperto». Il suo è un impegno che non è limitato ai giorni del convegno ma che la vede impegnata, come presidente, tutto l’anno. Da dove deriva questo amore, ricambiato, verso i nostri emigrati e la loro associazione? «Il mio approdo all’Associazione Molfettesi nel Mondo è avvenuto dopo l’esperienza amministrativa nella giunta del sindaco Paola Natalicchio. Oltre alla delega al bilancio, il sindaco mi aveva affidato quella ai rapporti con i molfettesi all’estero e questo mi ha consentito di avvicinarmi all’attività dell’Associazione che, in quel periodo, rischiava di chiudere, viste le scarse adesioni. Come amministrazione l’abbiamo sostenuta, non solo economicamente, ma sottolineandone il ruolo istituzionale e di riferimento. Conclusa l’esperienza amministrativa, è stato impossibile non lasciarsi coinvolgere da questa realtà che è fatta di storie straordinarie, di emozioni, di lacrime, di sorrisi, di speranze, di illusioni, di successi e delusioni… Appassionarsi, innamorarsene è naturale. E poi ho trovato persone meravigliose e molto generose, qui a Molfetta ma anche oltreoceano, che si sono messe subito a disposizione e danno ogni giorno l’anima per questo progetto che ha quasi quarant’anni ma è ancora così attuale e ha ancora tante potenzialità da mettere a frutto. C’è ancora tanto lavoro da fare e, se altri avessero voglia di venirci a dare una mano, saremo felici di accoglierli!». Dovremmo portare dentro ciascuno di noi, l’essenza dei sentimenti dei nostri concittadini, e rendere concrete le parole di una bellissima canzone: “La lontananza sai, è come il vento, che fa dimenticare chi non s’ama”. Nessuna valigia potrebbe contenere tutta la sofferenza del distacco. Non si misura in chilometri l’amore, neanche l’oceano può separare. L’Associazione Molfettesi nel mondo ce lo ricorda ogni anno. © Riproduzione riservata

Autore: Beatrice Trogu
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