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Aldo Moro e il processo di beatificazione: all'Aneb il postulatore Giampaolo
15 luglio 2015

Mi chiedo che cosa ci sarà dopo. Se ci fosse la luce sarebbe bellissimo”. Sono parole indirizzate da Aldo Moro alla moglie Eleonora e affidate a una lettera degli ultimi giorni di prigionia, forse già carica di presagi di morte, fra i quali tuttavia la fede interveniva a prospettare la luce paradisiaca. Oggi lo statista, nato a Maglie il 23 settembre 1916 e morto a Roma nel cruciale 1978, figura chiave del “compromesso storico”, è sottoposto a un processo di beatificazione ed è già stato proclamato “servo di Dio” nel 2012 con il nulla osta del cardinale Agostino Vallini. L’Aneb (Associazione nazionale educatori benemeriti) di Molfetta, presieduta dalla professoressa, già dirigente scolastico, Annetta La Candia, è stata sede di ben due incontri, avvenuti nei mesi di maggio e giugno, con il postulatore della causa, il dott. Nicola Giampaolo. Agiografo, studioso di Storia patria, critico d’arte, giornalista, vicepresidente della Commissione circondariale dei Giudici popolari per il Tribunale di Bari, egli è attivo in politica e ha più volte, esercitato, con delega, la funzione di sindaco di Rutigliano. Attualmente, inoltre, Giampaolo è vicepresidente della Federazione Centro Studi Aldo Moro, che, insieme alla Regione Puglia, ha caldeggiato l’avvio della procedura, con la raccolta di oltre 2.000 firme. Giampaolo ha chiarito agli attenti e numerosi presenti le ragioni che hanno indotto all’attuazione di questo percorso, che potrebbe erroneamente apparire inusuale per un politico. Anche per altri insigni politici, infatti, come Giorgio La Pira e Alcide De Gasperi, sono state avviate procedure in tal direzione ed è in corso un processo di beatificazione. L’incontro presso l’Aneb ha veduto anche la partecipazione dell’artista Maria Addamiano, che ha consacrato parte della sua ricerca espressiva alla rappresentazione di Aldo Moro, rendendosi autrice di una scultura in Eco-Art e di una pregevole tela, in cui l’ideatore delle “convergenze parallele” manifesta un’attitudine pensosa, degna di un politico del suo calibro. Allo statista l’Addamiano ha dedicato anche alcuni versi, a compimento di un lavoro ch’è stato documentato in video da Stella Spaccavento e offerto a Giampaolo, affinché sia accluso agli Atti. Il relatore ha esposto le ragioni dell’iter avviato, rispondendo alle numerose domande dell’uditorio, che non ha celato anche perplessità. La dedizione alla fede (Moro era confratello del Terzo ordine domenicano), il culto mariano, che si estrinsecava anche nella quotidiana pratica del rosario, e soprattutto la stretta collaborazione con Paolo VI sarebbero le chiavi di lettura per accostarsi a questa figura secondo una prospettiva differente da quella, usuale, di carattere storico-politico. Si schiude così un percorso che vede Moro coadiuvare Paolo VI nel difficile tentativo di consacrare l’Est europeo, e la Russia comunista, al Cuore immacolato di Maria, auspicando l’abbattimento di barriere poi effettivamente crollate al termine degli anni Ottanta. Dal supplice libello emergerebbe così la fama di una santità che, grazie all’immersione nelle dinamiche politiche, avrebbe dischiuso nuovi orizzonti al cattolicesimo. In tal direzione (si arriverebbe addirittura a ventilare una connessione tra il rapimento e l’assassinio di Moro e il terzo segreto di Fatima), l’atto epocale delle BR potrebbe ricevere una nuova interpretazione e configurarsi come azione compiuta inodium fidei. Nella barbara uccisione si ravviserebbe pertanto una manifestazione di odio verso la fede cristiana e quello di Moro finirebbe con l’assurgere a vero e proprio martirio. Sarebbe questa l’ottica alla luce della quale rileggere la posizione di Paolo VI, che si adoperò, anche economicamente, per la liberazione di Moro e manifestò il suo sconforto durante i funerali del leader democristiano. Il riconoscimento della condizione dell’odium fidei non renderebbe più strettamente necessario nell’iter procedurale l’accertamento dei miracoli, che pur per lo statista si annoverano e sono tuttora oggetto di attenta verifica. Giampaolo si è soffermato anche sul rapporto tra Moro e Padre Pio, rievocando un incontro tra i due, conclusosi con una sorta di presagio della morte violenta del politico da parte del santo di Pietrelcina. Con il potere di un eloquio affascinante, il postulatore ha indotto l’uditorio alla riflessione, perché solo un’attenta ponderazione potrà stabilire se a questa figura, come ci auguriamo, si possa accordare il crisma della santità (e forse addirittura, in futuro, di Dottore della Chiesa) o se basterà l’innegabile riconoscimento del ruolo basilare ricoperto nella storia d’Italia, già di per sé gran cosa in un’epoca in cui la classe dirigente nazionale ha smarrito il senso degli ideali e il rispetto dell’elettorato, inducendo a rimpiangere amaramente uomini illustri come Aldo Moro.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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