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300 e 30 per rigenerare la politica. La difficoltà di discutere sul bene comune a Molfetta
Palazzo Giovene, sede del consiglio comunale
10 marzo 2023

 “Quindici” accoglie l’invito di alcuni lettori della rivista che ogni mese è in edicola, a pubblicare sul web, dopo qualche mese, alcuni degli articoli apparsi sul cartaceo, per renderli fruibili a un numero maggiore di gente, soprattutto quando i loro contenuti consentono spunti di riflessione utili alla crescita complessiva.
Riportiamo oggi l’articolo di Gennaro Gadaleta Caldarola, che si inserisce nel dibattito sul rinnovamento della politica.

 

 300 e 30 per rigenerare la politica

 Viviamo tempi difficili. Le risorse disponibili per le amministrazioni comunali non aumentano e così anche quelle per la sanità. Le spese invece aumentano ed è tempo per tutti di fare delle scelte al supermercato. Ma non solo: è tempo di fare anche delle scelte politiche per destinare le poche risorse a quello che davvero è importante. Finora la ricchezza dell'occidente unita alla festosa richiesta di denaro in prestito ha permesso larghezza di manica ai decisori politici che hanno speso tutto il possibile, appena possibile, per qualunque cosa apparisse opportuna o anche solo non particolarmente dannosa.

I cittadini non hanno avuto difficoltà a delegare la politica ai "politici" e a disinteressarsene perché in fondo tutto andava avanti comunque. Oggi le cose stanno diversamente perché l'abbondanza è finita (oramai tutte le materie prime sono costose), il debito pubblico ha raggiunto il limite massimo tollerabile e ci troviamo di fronte ad una classe politica disabituata al confronto con la cittadinanza che, per forza di cose, è diventata più attenta ma che sconta un disinteresse per la cosa pubblica che dura da trent'anni.

Avere a che fare con cittadini che non hanno avuto interesse a studiare e a formarsi una opinione sui problemi della propria città e con consiglieri comunali che hanno sempre avuto a disposizione risorse per accontentare i propri elettori, oggi, in una fase scarsità di risorse può diventare una condizione insostenibile.

Non ci sono più i luoghi della politica dove è possibile conoscere e studiare i problemi e confrontarsi con gli altri, si possono fare solo petizioni per chiedere ciò di cui c'è bisogno.

I partiti sono, di fatto, gruppi di tifosi, sostenitori di singoli cittadini che hanno scelto la carriera politica quasi come un lavoro e che si sentono obbligati a mantenere buoni rapporti con i propri elettori.

L'interesse comune è un concetto desueto, troppo difficile da individuare e che, se declinato, richiede in prospettiva la eliminazione dei privilegi e delle clientele da cui dipende invece proprio la rielezione degli eletti.

Le cose sono in equilibrio ed ogni cambiamento spaventa tutti. Chi sguazza nel sistema così com'è ma anche chi vorrebbe cambiare le cose: come si fa a ricostruire una comunità che discute e che riflette? Come si fa a dar voce ai conflitti fra interessi diversi senza generare guerre insanabili ma anzi sperimentando accordi, progetti e percorsi di conoscenza? Ma soprattutto come si fa a trovare il tempo e la voglia di fare la democrazia nella comunità e a darle voce in consiglio comunale?

D'altra parte lasciare che la politica comunale (che non sa utilizzare al meglio le scarse risorse disponibili e che per giunta le utilizza in maniera clientelare) continui a rimanere l'unica opzione disponibile significa rassegnarsi alla progressiva disgregazione della comunità, al suo impoverimento economico e sociale, all'aumento della criminalità e alla definitiva scomparsa di un futuro per le nuove generazioni nella nostra città.

La politica della sinistra è dominata dalle differenze e dai disaccordi. Alla concretezza si preferisce il dibattito ideologico, tutto interno alla cosiddetta classe dirigente ed estraneo ed incomprensibile ai molti, vecchi e giovani, che hanno del "socialismo" una idea molto chiara e poco complessa: solidarietà e giustizia sociale nella libertà di realizzare le proprie aspirazioni.

Al lettore che, incautamente, fosse arrivato a leggere fino a questo punto devo almeno una prospettiva, vista la difficoltà oggettiva di formulare una proposta concreta fattibile.

Per generare una comunità armonica in grado di progettare il proprio futuro bisogna trovare il tempo, i luoghi ed il piacere di parlare degli interessi comuni (che è poi fare politica nel senso nobile del termine). E' inutile contrastare la micro criminalità o il clientelismo o la miopia dell'attuale classe dirigente se non si riesce a discutere insieme tollerando le differenze e valorizzando le idee condivise.

Non è con le maggioranze al consiglio comunale o con i salvatori della patria che si immolano ad ogni elezione sull'altare della candidatura a sindaco che si sviluppa una politica nella città. Si può benissimo far a meno di far elaborare da menti sopraffine sofisticati calcoli elettorali per strappare lo scranno di sindaco alla politica di piccolo cabotaggio o alla destra autoritaria.

Quello che conta è avere una comunità, neanche tanto grande, che abbia il tempo, il luogo e il piacere di discutere di politica e di fungere da riferimento per chi, pur essendo "socialista", non riesce a trovare l'occasione di partecipare. Quello che conta è avere dei portavoce in consiglio comunale, neanche tanti, che facciano parte di quella comunità. Non tanto per tentare di rappresentarla (come rappresentare le differenze, le diverse sensibilità e le discussioni in divenire?) ma per dargli voce.

Perché l'importante non è governare ma mantenere in vita la politica che discute delle cose giuste, della libertà e della solidarietà.

E ben vengano 30 partiti diversi se i 300 cittadini che li compongono sapranno discutere insieme e mantenere in vita la politica di una comunità.

Poi se capitasse anche di vincere le elezioni sarebbe tutto grasso che cola (e a maggior ragione la politica che avesse generato tale evento avrebbe speranze di attuare il bene della comunità).


Gennaro Gadaleta Caldarola

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