“Porto, incapaci di valutare i rischi di gestione, con gravi danni economici”
L’INTERVISTA. Annamaria Fabrizia Gagliardi, consigliere comunale della Lista Drago
Qual è la sua opinione sull’ultima vicenda giudiziaria del porto di Molfetta? «Le vicende giudiziarie di qualche settimana fa sul Porto Molfettese, non sono che un’ultima vicenda di una gestione dubbia e assolutamente preoccupante per tutti noi molfettesi. Dal 2017 ad oggi la giunta Minervini ha monopolizzato e snaturato il valore identitario della cultura marinara molfettese, passando da un sistema economico cittadino diversificato ad un accordo tra pochi e per pochi: tutto e subito con un efficientismo border line. Era il 29 gennaio 2020 quando il primo cittadino affermava che i lavori nel Porto di Molfetta sarebbero durati due anni e mezzo e il costo complessivo dell’opera sarebbe stato di 26 milioni di euro; poi ci sono state le vicende giudiziarie dello stesso 2020 e del 2023 ed oggi ancora parliamo di porto senza un serio business plan, un chiaro cronoprogramma ed una documentazione tecnica aggiornata ed organica. Durante il consiglio comunale dell’8 novembre 2023, hanno affermato che il molo di sopraflutto era stato concluso, ci chiediamo oggi, sulla base delle attuali vicende giudiziarie, chi redigerà la regolare esecuzione dell’opera del molo di sopraflutto? Il Sindaco ad oggi non ha risposte. Le numerose criticità di gestione del cantiere, con le vicende giudiziarie annesse, hanno dimostrato che l’attuale Ufficio Tecnico Comunale non è stato in grado di seguire un’opera speciale come il porto di Molfetta. Invece questa gestione doveva rimanere in capo alla Regione. Oggi tutti i Dirigenti che hanno gestito la realizzazione del porto hanno avuto problemi giudiziari collegati principalmente alla carente conoscenza delle esatte responsabilità che un’opera così articolata comporta. Ciò dimostra l’impreparazione dell’attuale Amministrazione che ha drammaticamente sottovalutato i rischi di gestione con gravi danni economici e di sviluppo per il tessuto cittadino». La costituzione di parte civile serve al sindaco Minervini a tirarsi fuori da questa vicenda. Lui ha delle responsabilità almeno politiche? «Dopo le notizie giudiziarie, si sono succedute una serie di mosse propagandistiche frettolose e poco opportune. Come già anticipato, l’attuale Amministrazione, sottovalutando la complessità di gestione di quest’opera strategica, ha mancato di dotarsi di una Struttura di Controllo specifica e competente che potesse seguire e svolgere un’adeguata sorveglianza dell’esecuzione dei lavori nel rispetto delle normative vigenti, anche nel rispetto della legge 190/2012. Ciò significa carenza di pianificazione e di gestione del rischio, soprattutto in ottica preventiva all’illegalità nell’esecuzione dei lavori. Mancando queste azioni preventive, gioco forza le responsabilità fanno escalation coinvolgendo livelli gerarchici sempre più alti, in termini di informazioni da fornire, soluzioni da proporre, decisioni da prendere entro ben precisi tempi limite. Messa in questi termini, il Sindaco e l’Amministrazione devono tante risposte alla cittadinanza. Risposte che sono state chieste più volte, ma non sono mai arrivate». Il porto di Molfetta può considerarsi un caso di cattedrale nel deserto o di sperpero di denaro pubblico? «Negli anni passati, il porto di Molfetta è stato uno dei principali approdi pescherecci del mare Adriatico. Oggi, l’attuale Amministrazione Cittadina vuole creare un polo logistico per lo smistamento intermodale delle merci in arrivo e partenza dall’Italia. Questa opera, poiché avrebbe una ricaduta determinante sulla competitività del territorio locale, regionale e dell’intero Paese, non può nascere decontestualizzata dai piani di sviluppo, riqualificazione e ammodernamento del sistema portuale e interportuale del Paese e dei corridoi Europei. In Puglia il ruolo strategico di indirizzo, programmazione e coordinamento del sistema dei porti per l’attrazione degli investimenti e il raccordo con le amministrazioni pubbliche è affidato a due Autorità: il Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale (per i porti di Bari, Brindisi, Manfredonia, Barletta e Monopoli) e quello Mar Ionio (per il porto di Taranto). Molfetta attualmente non trova riscontro in questo contesto, e non rientra nemmeno negli indirizzi strategici del “Piano del Mare - Triennio 2023-2025” della Presidenza Del Consiglio dei Ministri Comitato Interministeriale per le Politiche Del Mare. Siamo convinti che l’opera non può vivere senza tenere conto dei porti ad essa vicina e del business complessivo presente e futuro. Serve un approccio sistemico per approfondire la vocazione del nuovo porto e per evitare di completare l’opera senza una chiara visione. Ma per rispondere a questa domanda è necessario essere consapevoli dei limiti e delle opportunità del territorio e delle infrastrutture, evitando fallaci considerazioni da onnipotente distruttore del mondo e del territorio. Sono necessarie risposte precise e non fumosi soliloqui. Attualmente non sono chiare le caratteristiche tecniche dell’infrastruttura (es: nuovi limiti per i fondali delle banchine in relazione alle nuove navi) e se queste rispettano i nuovi parametri imposti dell’Unione Europea per la sostenibilità ambientale (es: elettrificazione delle banchine, spazi di accesso e sicurezza). Le ultime indagini giudiziarie in merito alla messa in sicurezza del molo di sopraflutto non fanno stare tranquilli l’intera cittadinanza. Quest’ultima mai coinvolta per lo svolgimento dell’opera. Lo sviluppo del porto su una direttrice prevalentemente logistica (merci e container), con la creazione di opere di cementificazione delle aree retrostanti e connesse, porterebbe ad un enorme consumo di suolo ed un aumento del rischio idrogeologico e deturpamento delle risorse paesaggistiche. Il porto di Molfetta si colloca nel cuore della città quindi deve svilupparsi anche come nodo strategico per il commercio ittico, commerciale e soprattutto turistico. Quest’ultima da esplorare come l’unica direttrice per un nuovo sviluppo economico e culturale della città. Se non si affronta la riqualificazione del porto in modo sistemico considerando cosa veramente può creare valore strutturale per la città di Molfetta, allora il rischio che possa diventare un caso di cattedrale nel deserto o di sperpero di denaro pubblico è molto alto. E sulla colmata del Lungomare ci chiediamo se era davvero l’unica possibilità di smaltimento dei materiali del dragaggio del nuovo porto, perché non è un’opera di riqualificazione del lungomare ma sarà solo un’enorme piattaforma inaccessibile, basta vedere i rendering. Quando si parla ancora di riempimenti, oggi più che mai, la cittadinanza molfettese non è tranquilla non essendo stata coinvolta preventivamente in attività di concertazione e partecipazione». Questa amministrazione si sta rivelando incapace di affrontare i problemi e i bisogni amministrativi? «In questi anni il tema della portualità a Molfetta è stato un elemento di discussione e di scontro tra l’Amministrazione, le Opposizioni Politiche, le Associazioni e la Cittadinanza. Le scelte sono state parziali e slegate da un approccio strategico e dalla conoscenza delle dinamiche in atto. Il tema della portualità è strategico ai fini di una rigenerazione urbana ed economica e necessita, scale e funzioni diverse che devono essere attualizzate in una visione progettuale che integri i diversi assetti territoriali coordinati in un’unica strategia. Ma è necessaria una visione politica innovativa e non retrograda ed una articolazione dello sguardo disciplinare, strutturando un percorso metodologico per giungere ad un progetto condiviso. La pianificazione urbanistica attualmente vigente risulta ancora espansiva, a fronte di un decremento demografico e produttivo. I valori ambientali e paesaggistici sono considerati «vincoli sovraordinati» da contenere ed arginare per realizzare nuovi quartieri a bordo lama o in aree prossime alla costa, prive di standard realizzati e qualità urbana. I cittadini devono sapere cosa è successo per la realizzazione del molo di sopraflutto e quali sono le conseguenze ambientali delle 40.000 tonnellate di materiale non adeguato alla realizzazione dell’opera. La politica e le competenze tecniche devono ripensare il nuovo sistema portuale tra riconversione e valorizzazione in una visione interscalare e, insieme alla Regione ed all’Autorità Portuale del Mare Adriatico Meridionale, in una chiave di lettura che orienti allo sviluppo e non alla distruzione del territorio». © Riproduzione riservata