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Politica ed economia alla fine dell'Ottocento (II parte)
16 novembre 2006

Napoli – 16. 11. 2006 Nel 1887 con la morte di Agostino Depretis fu nominato Presidente del Consiglio il siciliano Francesco Crispi (foto), che da tempo aveva rinunciato al suo giovanile credo mazziniano per diventare un convinto assertore della monarchia, da lui considerata l'unico ordinamento capace di difendere l'unità nazionale. Fervente ammiratore della Germania bismarckiana, impresse alla politica estera ed interna del Paese una svolta energica ed autoritaria. Per quanto concerne la politica estera, Crispi inasprì i rapporti con la Francia e procedette alla fondazione della prima colonia italiana – l'Eritrea – con la conquista della baia di Asmara nel 1889. Perdurando una situazione economica gravemente critica, l'aumento delle spese militari alimentò il malcontento delle classi popolari e la diffusione delle idee socialiste. Emergenze che Crispi affrontò con una politica fortemente repressiva. Dimessosi nel 1891, dopo una breve parentesi governativa di Giovanni Giolitti, Crispi tornò alla guida del governo nel 1892. Due anni dopo dichiarò lo stato di assedio militare per la Sicilia attraversata dai moti promossi dai Fasci siciliani, che avevano raccolto ed organizzato il malcontento degli operai nelle città e dei braccianti nelle campagne. Ben presto la repressione governativa si estese a tutto il territorio nazionale con lo scioglimento del Partito socialista fondato a Genova nel 1892. Per fare fronte al risanamento finanziario delle casse statali, il ministro delle Finanza Sonnino aumentò il prezzo del sale, il dazio sul grano, l'imposta fondiaria e introdusse anche la tassazione degli interessi sui titoli di Stato. In Africa Crispi rilanciò la politica imperialistica italiana con il tentativo di conquista dell'Etiopia, frustrato nel 1896 dalla tragica disfatta di Adua. Crispi fu costretto a dimettersi. Pur rinunciando alle imprese coloniali, i suoi successori adottarono in politica interna una linea fortemente repressiva nei confronti delle manifestazioni popolari di dissenso. Nel maggio del 1898, con a capo del governo Antonio di Rudinì, il generale Bava Beccaris ordinò alla sua artiglieria di sparare sui manifestanti di Milano. Il successivo governo Pelloux, ispirato da Sonnino, tentò di realizzare una vera e propria svolta autoritaria con leggi che limitavano fortemente le principali libertà civili e politiche. L'ostruzione parlamentare nei confronti di tali provvedimenti fu forte e Pelloux fu costretto a dimettersi nel 1900. Il 29 luglio dello stesso anno l'anarchico Gaetano Bresci uccise il re Umberto I per vendicare l'eccidio di Bava Beccaris. Salvatore Lucchese
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