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Napoleone Colajanni e il federalismo democratico (I parte)
01 luglio 2008

NAPOLI - 1.7.2008 Nell'ambito della cultura politica risorgimentale, l'idea federalista ricoprì un ruolo fondamentale nella prima fase del processo di unificazione, per poi divenire minoritaria e marginale durante la costruzione dell'unità nazionale, essendo identificata, per motivi storici, economici, politici, sociali e culturali, con il modello dello Stato centralizzato. La stessa idea federalista fu declinata tanto nel campo liberale e moderato quanto in quello democratico-radicale. Durante l'età risorgimentale, il maggiore esponente del federalismo di indirizzo democratico-radicale fu Carlo Cattaneo, che ne propose l'attuazione sia in chiave sovranazionale – europea – che in chiave infranazionale – italiana –, divenendo uno dei maggiori autori di riferimento per alcuni dei principali esponenti del meridionalismo di indirizzo democratico e socialista, concordi nel criticare le distorsioni socio-economico-territoriali provocate dallo Stato centralizzato, pur difendendo l'unità nazionale, ritenuta l'unico orizzonte politico-culturale valido entro il quale riflettere ed agire. Tra i sostenitori del federalismo in chiave infranazionale bisogna ricordare Napoleone Colajanni (foto), strenuo difensore delle popolazioni meridionali e convinto assertore del federalismo di matrice cattaneana. A cavallo tra '800 e '900 le tesi razzistiche di Alfredo Niceforo e degli altri esponenti della «scuola antropologica» suscitarono un aspro ed animato dibattito, in cui si distinse Napoleone Colajanni sia per il rigore della sua impostazione scientifica, sia per la sua vis polemica. Le opere principali in cui Colajanni si impegnò nell'aspra polemica con i lombrosiani sono: Socialismo e sociologia criminale (1884), L'alcolismo (1887), La sociologia criminale (1889), Per la razza maledetta (1898), Settentrionali e Meridionali (Agli italiani del Mezzogiorno) (1898) e Latini e Anglosassoni (1906). In questi testi sono presenti sia dei difetti che dei pregi. I primi risiedono in un tono fortemente indignato e passionale, che, talvolta, condusse Colajanni su un piano in cui le osservazioni superficiali ed aprioristiche prevalsero su quelle scientifiche. I secondi, invece, risiedono nella lucidità delle argomentazioni ispirate al «positivismo storicistico» di matrice cattaneana, attraverso il quale egli confutò il «dogmatismo meccanicistico» degli avversari, riconducendo, con un processo inverso al loro, l'antropologia nell'ambito delle ricerche sociologiche. Nel saggio La sociologia criminale, Colajanni confutò le tesi principali della scuola di Lombroso, la quale, prendendo le mosse da una rigida concezione deterministica – fondata sul presupposto del nesso causale tra fisico e psiche, tra organo e funzione, tra cervello ed intelligenza –, considerava il delinquente come un tipo antropologico. Secondo tale visione, il crimine era un «fenomeno naturale», ossia un prodotto necessario causato dall'arresto dell'ontogenesi, che fissava nel feto caratteri atavici ed ancestrali. Lombroso ed i suoi seguaci, quindi, attribuivano al dato antropologico la causa dei comportamenti delinquenziali, escludendo o considerando marginale l'influenza che i fattori socio-economici potevano avere nella genesi dei fenomeni delinquenziali. Al «dogmatismo meccanicistico» della «scuola antropologica» Colajanni oppose la consapevolezza dei limiti degli sviluppi della scienza del proprio tempo. Sulla base di queste premesse, Colajanni rigettò il presupposto fondamentale su cui si fondavano le tesi dei lombrosiani, poiché allo «stato dei fatti» la scienza non è unanimamente concorde su di esso. Richiamandosi al Munck, lo studioso siciliano respinse la tesi lombrosiana del rapporto statico tra morfologia e qualità psico-morali, ossia la tesi di una corrispondenza tra le prominenze della scatola cranica e le sporgenze superficiali del cervello entrostante. Inoltre, Colajanni, rifacendosi alle scoperte dell'archeologia e dell'antropologia preistorica, sosteneva che l'uomo contemporaneo pei suoi caratteri fondamentali morfologici non differisce dall'uomo preistorico entro l'ambito della stessa razza. In ogni caso l'evoluzione della razza umana si era attuata nel corso di migliaia di anni, per cui nel periodo storico in questione la stabilità del tipo fisico umano era fuori discussione. Nel periodo storico, invece, era stata notevole l'evoluzione morale dell'uomo. La stabilità biologica dell'homo sapiens, in contrasto con la sua evoluzione morale, condusse Colajanni alla rivalutazione dei fattori socio-economici. Infatti, riprendendo alcune tesi di Filippo Turati, egli ritenne che le condizioni socio-economiche fossero la causa dei fenomeni criminali. Colajanni non identificava il fattore economico con la ricchezza totale di un paese, ma lo identificava con la sperequazione distributiva della ricchezza stessa. Sulla base alla piattaforma etnologica elaborata precedentemente, quasi un decennio dopo Colajanni diede una nuova impostazione agli studi della questione meridionale, entrando in diretta polemica con i sostenitori dell'inferiorità razziale dei popoli del Mezzogiorno. Infatti, ampliando la piattaforma etnologica elaborata nel decennio precedente, nel 1898 lo studioso siciliano pubblicò un opuscolo dal titolo Per la razza maledetta, con il quale intese confutare le teorie che lo studioso suo corregionale aveva esposto nella Delinquenza in Sardegna. Dopo avere esposto sinteticamente le tesi di Niceforo, Colajanni, ne mise in discussione il valore scientifico, sostenendo che le teorie dello studioso suo corregionale non erano altro che un romanzo antropologico. In altri termini, Colajanni negando ogni valore scientifico alle tesi di Niceforo e a quelle degli altri esponenti della scuola antropologica intese svelarne il carattere ideologico. Criticando le teorie niceforiane, in primo luogo, lo studioso di Castrogiovanni faceva notare le contraddizioni in cui il giovane criminologo era caduto nel tentativo di conciliare la prospettiva antropologica con quella sociologica. Infatti, Niceforo, pur avendo fatto ricorso al fattore economico per spiegare la genesi dei fenomeni delinquenziali, riteneva che la loro causa causarum fosse la razza. Per Colajanni, invece, non c'erano dubbi, la causa dei comportamenti delinquenziali doveva essere rintracciata nelle condizioni economiche. Questa tesi fu da lui supportata con l'ausilio di dati statistici. Sempre avvalendosi della statistica, Colajanni dimostrò che la tesi dell'eterogeneità etnica dei Sardi, tesi in base alla quale Niceforo aveva spiegato le diverse forme criminali dell'Isola, era semplicemente un mito. Ma l'errore metodologico fondamentale in cui era incorso Niceforo, così come gli altri esponenti dell'indirizzo antropologico, secondo Colajanni consisteva nello stabilire la superiorità o l'inferiorità di una razza in base allo studio di un suo limitato periodo storico. Ciò faceva sì che la dimostrazione della superiorità o dell'inferiorità di una razza fosse il frutto di considerazioni arbitrarie e pregiudiziali, cioè di osservazioni di natura prevalentemente ideologica e non di osservazioni rigorosamente scientifiche. Il secondo saggio di Niceforo L'Italia barbara contemporanea suscitò ancora più clamore, tanto che Antonio Renda indisse un'inchiesta sulle cause della questione meridionale, i cui risultati furono pubblicati nel 1900 in un unico saggio dal titolo La questione meridionale. Contro la spiegazione antropologica, tra gli altri, si schierarono: N. Colajanni; E. Ciccotti; G. Salvemini. A suo favore invece: C. Lombroso; L. Ferrani; G. Marchesi; A. Grappoli; L. Sighele; P. Rossi; E. Troilo; G. Sergi. Colajanni nella sua risposta insisteva sul carattere pseudoscientifico delle teorie razziali. Un «romanzo antropologico» che, tuttavia, poteva incidere negativamente sulle speranze di riscatto delle condizioni del Mezzogiorno. In sostanza, secondo Colajanni, né il clima né la razza dovevano essere invocate per spiegare le condizioni d'arretratezza del Sud. L'inferiorità economica, sociale, morale ed intellettuale del Meridione di fronte alla superiorità del Settentrione non veniva da Colajanni negata, ma veniva spiegata sulla base di fattori diversi. Salvatore Lucchese
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