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Il federalismo democratico di Vito Donato Epifani. Genesi, caratteristiche, modelli. (IV parte)
22 febbraio 2009

NAPOLI - 22.2.2009 Ma è corretto usare la categoria di federalismo in relazione alla proposta di Epifani, mentre lui utilizza quella di repubblica regionale? O in altri termini tale proposta può essere considerata come appartenente all'ambito delle teorie federaliste? E, da un punto di vista euristico, che cosa è il federalismo? Dalla lettura del Federalist (foto) emerge che la caratteristica precipua del federalismo risiede nell'introdurre una vera e propria componente statuale nelle associazioni politiche tra Stati; ossia nella creazione di un potere politico comune, che garantisce l'unità senza annullare l'autonomia degli Stati membri. L'associazione federale, quindi, può essere definita come uno Stato centrale sovrano distinto dagli Stati membri che lo compongono e superiore ad essi, che nell'aderirvi rinunziano irrevocabilmente all'esercizio di una parte dei loro poteri, pur conservando per tutto il resto la loro piena autonomia. Il rapporto dialettico tra l'unione e l'autonomia degli Stati associati può essere descritto nel seguente modo: “Il governo comune è nazionale, per quanto riguarda la fonte del suo potere, ed il suo modo di esercitarlo, perché questo potere deriva direttamente dai cittadini col suffragio e si esercitata direttamente su di essi con le leggi di un legislativo e l'amministrazione di un esecutivo; ma è federale per quanto riguarda l'estensione, perché la sfera delle sue competenze è limitata dalla sfera delle competenze degli Stati membri, i cui poteri derivano anch'essi direttamente dai cittadini ed ai cittadini direttamente si rivolgono”. Ora valutando il progetto di Epifani a partire dal modello euristico tratto dalla lettura del Federalist, emerge che esso si caratterizza per la conciliazione del principio di unità con quello dell'autonomia. Infatti, secondo il giovane pugliese l'unità dello Stato italiano, garantita da un governo federale, da lui definito come centrale, deve essere contemperata dell'autonomia dei governi locali – le regioni –, il cui ambito di competenze politiche e non semplicemente amministrative, avrebbe limitato l'ambito di competenze del governo centrale. Entrambe le sfere di governo, secondo Epifani, avrebbero dovuto fondarsi sullo stesso principio di legittimazione democratica: il suffragio universale. Tuttavia, tra il progetto federalista di Epifani e il modello euristico tratto dal Federalist c'è una differenza: nel primo i detentori dei poteri politici, concernenti le materie di interesse locale, sono le regioni, nel secondo, invece, vengono indicati con maggiore risalto gli Stati associati. Questa differenza si spiega in base ad un motivo di ordine storico. Infatti, il Federalist fu scritto per sostenere la fondazione degli Stati Uniti d'America, sorti quando fu fondato un potere politico comune nell'area degli Stati sovrani ed indipendenti preesistenti (federalismo sovranazionale e centripeto). Il progetto di Epifani, invece, si situa in una situazione storica diametralmente opposta, in quanto in Italia ci si pone il problema di passare da uno Stato unitario, fortemente centralizzato, ad uno di tipo federale (federalismo infranazionale e centrifugo). Passaggio che non può essere realizzato mediante la creazione di Stati indipendenti, ma mediante il riconoscimento agli enti locali – comuni, distretti e regioni nel caso di Epifani –, di determinati poteri politici e della piena autonomia amministrativa. Si tratta, in altri termini, di un percorso di costruzione del sistema federale inverso a quello tradizionale. Mentre questo va dalla pluralità all'unità, quello di Epifani, invece, si orienta in senso opposto dall'unità alla pluralità. Ma in entrambi i casi non è mai messa in discussione l'unità del paese e il riconoscimento della pari dignità dei soggetti contraenti il patto federativo. Dunque, nel complesso, dalla proposta del giovane intellettuale pugliese emerge la configurazione di una Repubblica democratica federale, strutturata sulla base dell'autonomia amministrativa dei comuni e dei distretti e su quella legislativa e finanziaria delle Regioni. Queste ultime, essendo il vero anello intermedio tra il livello locale e quello nazionale, secondo Epifani, consentirebbero di realizzare i vantaggi della forma statuale repubblicana, ossia la partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica, contemperandola con il principio della rappresentanza, ovviando così ai problemi che tale forma statuale aveva palesato a livello di città-stato e di comuni nell'antichità e nel medioevo con la degenerazione in regimi oligarchici e demagogici. Se come è stato giustamente osservato: “La fragilità politica dell'improvvisa recrudescenza del pensiero autonomista è nel suo legame con la questione settentrionale, giacché il problema regionalista in Italia è stato prima di tutto meridionale e l'ideologia regionalista innanzitutto meridionalista: Colajanni, De Viti de Marco, Salvemini, Sturzo, Dorso, Lusso, Zanotti-Bianco formularono, a partire dalla questione del Sud, e anticipandole nella sostanza, le conclusioni di tanto presente dibattito sulla riforma dello Stato unitario”. E' giunto il momento di annoverare la figura e il pensiero di Vito Donato Epifani tra i pensatori meridionali che hanno dato un contributo fondamentale al dibattito sul federalismo. Salvatore Lucchese
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