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Federalismo o federalismi? (I parte)
01 aprile 2009

NAPOLI - 1.4.2009 L'attuale iter legislativo relativo al federalismo fiscale sta portando a compimento la lunga transizione italiana dalla prima alla seconda Repubblica, collegandosi organicamente con l'egemonia del «pensiero unico» di matrice liberista, con le culture politiche postfasciste ed il dibattito revisionista. Forme ideologiche queste di un conflitto tra classi connotato sempre di più dalla transizione della «costituzione materiale» della società da un modello fordista ad uno postfordista entro un quadro in cui i processi della globalizzazione economica, finanziaria e culturale sono divenuti sempre più marcati ed incisivi. L'intento di questo intervento è quello di affrontare il tema del federalismo da un punto di vista storico-concettuale e storico-politico, sia per fornire ai lettori gli strumenti adeguati ad una critica delle posizioni oggi dominanti, sia per enucleare alcuni snodi politici rilevanti, suscettibili di ulteriori approfondimenti e verifiche tanto sul piano teorico quanto su quello pratico. Nell'ultimo decennio circa, in Italia il dibattito sul federalismo è stato connotato in modo marcato dalla posizione delle Leghe prima e dalla Lega poi in termini che, originariamente, avevano una chiara componente antimeridionalista, razzista, xenofoba e secessionista. Pertanto, lo stesso termine e la stessa proposta federalista sono stati rivestiti da accezioni errate se non fortemente negative: confederazione, separazione, superiorità ed inferiorità razziale, frammentazione etc. Inoltre, anche da un punto di vista scientifico il termine e la categoria federalismo sono quanto mai complessi, articolati e variegati sia al proprio interno sia rispetto ai differenti approcci disciplinari, che ora ne evidenziano la dimensione teorica, ora quella istituzionale, ora quella amministrativa e fiscale, ora quella politologica ed economica. Non sono neanche rari i casi in cui il termine deborda dalla sfera socio-economico-politica per essere utilizzato in ambiti completamente diversi, come ad esempio, quello psicologico. Pertanto, si pone in modo forte l'esigenza di chiarire il significato del termine in questione, senza annullarne o ridurne essenzialisticamente ed astoricamente la complessità, ma delineandone un modello euristico dotato di una sufficiente coerenza sistemica. Come è stato osservato, i termini “federale” e “federalismo” hanno la propria radice semantica nella parola latina foedus, che in italiano può essere tradotta con i termini: patto, alleanza, trattato, convenzione. La parola latina fu usata sia in senso politico, per indicare un patto tra prìncipi e Stati, sia in senso privatistico, per indicare i rapporti di alleanza e collaborazione stretti tra soggetti privati. Dal sostantivo foedus derivarono i verbi foedero e confoedero, ossia unire con un patto. Il risultato di questa azione prese i nomi di foederatio o confoederatio, i cui membri furono chiamati foederati o confoederati. Successivamente, nel latino tardo e medievale, prevalse l'uso dei termini federatio e confederatio, da cui derivarono le parole federatione e confederatione. Dunque, il fenomeno federalista sin dalle sue origini, attestabili nell'uso della lingua latina, indica un rapporto politico di tipo convenzionale e pattizio che si fonda sulla reciproca fiducia dei soggetti contraenti e non sulla forza. In epoca medievale e moderna i termini in questione furono ripresi con tali accezioni sia nell'ambito delle culture linguistiche di derivazione latina, sia nell'ambito di quelle di derivazione germanica, anche se in queste ultime l'idea di federalismo è stata ed è tuttora espressa con il termine Bund . In realtà, il termine federalismo appare solo alla fine del Settecento, durante le rivoluzioni americana e francese, come derivazione dall'aggettivo francese fédéral, da cui sono derivati gli aggettivi federalista e federativo, che proprio in quegli anni si diffusero per indicare: “La tendenza politica favorevole a formare uno Stato federale attraverso l'unione stabile di più Stati-membri, in contrasto con coloro che vi si dichiaravano contrari perché miranti alla creazione o al mantenimento di uno stato unitario centralizzato, oppure alla conservazione (ma anche allo scioglimento) di preesistenti confederazioni intese come alleanze meno impegnative e stabili”. Proprio nell'ambito delle polemiche e delle lotte sviluppatesi sia in America tra i fautori della federazione da un lato ed i sostenitori della confederazione dall'altro, sia in Francia tra giacobini unitari e girondini decentratori e federalisti, si definisce la teoria dello Stato federale ed emerge per la prima volta la distinzione concettuale tra il modello statuale federativo e quello confederativo. Quest'ultima può essere definita come: “un'associazione internazionale di Stati indipendenti e sovrani, in cui esiste un'autorità centrale comune dotata di personalità giuridica, fornita di organi permanenti e incaricata di agire a nome di tutti i membri relativamente a determinate materie”. Dall'altro l'associazione federale di Stati, che, in modo altrettanto schematico, può essere definita come: “uno Stato centrale sovrano distinto dagli Stati membri che lo compongono e superiore ad essi, che nell'aderirvi rinunziano irrevocabilmente all'esercizio di una parte dei loro poteri, pur conservando per tutto il resto la loro autonomia”. Da queste osservazioni si deduce che il significato precipuo del termine federalismo è quello di teoria dello Stato federale. Infatti, esso sorse quando, nell'ambito delle associazioni di Stati, fu risolto un problema di potere, di autorità e di fondazione di buoni ordini politici. Salvatore Lucchese
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