Don Tonino: beati gli uomini del Sud
Nell’opera e nell’esperienza di don Tonino Bello il Sud non è presente come un oggetto tra gli altri, da reperire scorrendo l’indice analitico dei suoi libri. Il Sud, infatti, ha nel pensiero e nella testimonianza di don Tonino un ruolo cruciale, perché s’identifica con il fulcro stesso di quel pensiero e di quella testimonianza. E’ per questa ragione che, per parlare dell’idea di sud in don Tonino, non partiremo dai testi in cui egli ne parla esplicitamente. Si tratta invece di arrivare a quei testi, d’inserirli in un quadro più generale, all’interno di un movimento teorico che permetta di leggerli in tutta la loro importanza. La pietra scartata Per avvicinarsi subito, come a don Tonino sarebbe piaciuto, al cuore della cosa, è necessario partire da un testo molto conosciuto, quello sulla pietra scartata, La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo, (OSQ, 392-93, pp. 372-74, pronunziato in occasione della Pasqua 1990, tredici anni fa), un testo dedicato all’emarginazione. In questo testo è visibile il ribaltamento che don Tonino poneva al centro del suo atteggiamento. La massima “gli ultimi saranno i primi” in lui non era la rivendicazione di una tutela, di una cura degli altri che può diventare potere, ma una visione attiva del mondo. La pietra scartata dai costruttori diventerà la pietra angolare della nuova costruzione: nell’attenzione per gli ultimi, per coloro che sono rifiutati o scartati, sta il carattere contro-corrente, inquietante, rivoluzionario del cristianesimo, il suo rapporto critico nei riguardi del potere, di ogni potere. La pietra scartata in questo caso sono gli emarginati, per i quali don Tonino usa, non senza ironia, l’espressione americana drop out. Ma egli non si limita a parlare degli emarginati, egli parla con loro, si rivolge direttamente a ciascuno di essi, li chiama per nome. La sua non è, e non può essere, solo un’analisi distaccata e oggettiva dell’emarginazione, è sempre e nello stesso tempo incontro con gli emarginati. Anche questo colpisce in don Tonino: la Chiesa è una comunità, in cui ci si dà del tu, e don Tonino chiede e dà sempre del tu. Nessuna pietra da baciare, nessuna distanza, ma subito il tu, non il tu della complicità indecente, il tu della prevaricazione del più forte, il tu di chi si appropria di una confidenza non richiesta, ma il tu dell’amicizia e della responsabilità, di chi non si vuole sottrarre, il tu di chi vuole ribaltare le leggi di gravità su cui è seduto il mondo. Il volto dell’Altro, direbbe Lévinas, mi può convocare in ogni momento rompendo l’inerzia dell’essere. Il tu rivolto all’emarginato, il chiamarlo per nome, rompe con ogni neutralità, definisce l’assoluta frontalità di questo rapporto. Gli ultimi saranno i primi: Gesù non lo aveva solo predicato, ma anche dimostrato con il suo sacrificio. Nel testo sulla pietra scartata che abbiamo ricordato, verso la conclusione si dice: «da quando il suo figlio Gesù è stato confitto sulla croce e nell’amarezza dell’emarginazione più nera, anche gli scarti residuali dell’umanità per lui sono diventati... polvere di stelle (OSQ, 393)». Fermiamoci su questo bellissimo «per lui sono diventati». Prima della crocifissione, prima di Cristo, agli occhi di Dio-padre, così disperso nella gloria dei cieli, gli scarti residuali dell›umanità non erano ancora «polvere di stelle». Dio non la pensava in questo modo prima del sacrificio del figlio: lo ha imparato da lui. Raramente capita di leggere parole così belle su Gesù, sulla Trinità, e sul rapporto tra il padre e il figlio. Dio apprende, non è immobile e onnisciente, impara dal figlio, avverte il dolore del figlio e da esso apprende. Una dialettica della Trinità, in cui si può vedere l’indispensabilità di tutte le figure. E’ solo il loro gioco di squadra, la loro indispensabilità reciproca, quella che don Tonino con una splendida invenzione linguistica chiama la “convivialità delle loro differenze”, a fare la perfezione: un modo assolutamente originale, concreto e commovente di definire la Trinità. Franco Cassano