Antonio De Viti De Marco
Napoli – 11. 01. 2007
Il dibattito economico di fine Ottocento ed inizio Novecento tra protezionisti e liberisti ebbe in Antonio De Viti De Marco (foto) uno dei maggiori protagonisti. Economista e docente universitario di origine leccese, De Marco fece leva sul meridionalismo per attivare in favore della libertà di commercio gli interessi colpiti dal protezionismo, tra i quali spiccavano quelli dei piccoli e medi imprenditori agricoli del Mezzogiorno specializzati nella produzione e nell'esportazione di vino, olio ed ortofrutticoli.
Le posizioni liberiste di De Marco non si fondavano soltanto su assunti economici di tipo teorico ma erano alimentate anche da riflessioni di carattere politico. Infatti, l'economista leccese osservava che tra protezionismo e formazione di oligopoli ed oligarchie c'era uno stretto nesso, che poteva essere spezzato dal libero commercio.
L'allargamento della base sociale di consenso dello Stato liberale gli appariva come una verità scientifica che doveva essere sostanziata da precise scelte politiche sia in campo economico che in campo istituzionale.
Pur essendo uno strenuo difensore della libertà di commercio, De Marco non teorizzava lo Stato minimo, bensì sosteneva che lo Stato doveva essere produttore di servizi al fine di perseguire il benessere generale e la democrazia.
Difendendosi dalle accuse di gretto regionalismo, egli auspicava l'alleanza tra democratici radicali e socialisti
«Io sono accusato di “meridionaliste” acuta. E' una diagnosi errata. La campagna pel Mezzogiorno contro il protezionismo industriale del Nord non mi è servita di pretesto ad una lotta regionale; allo stesso modo come oggi la campagna a pro' dei lavoratori contro il protezionismo non servirà a me e ai radicali di pretesto ad una lotta di classe, in favore del proletariato e contro le altre classi sociali. Come l'operaio rappresenta l'interesse tipico del lavoro e del consumo, così il Mezzogiorno rappresenta l'interesse tipico dell'agricoltura e quindi delle industrie esportatrici».
Coerentemente alla sua posizione democratico-radicale incentrata sulla salvaguardia ed il pieno sviluppo dell'autonomia individuale tanto in campo economico quanto in campo politico, De Marco criticò il ricorso alle leggi speciali che non facevano altro che rafforzare il potere arbitritrario e ricattatorio del governo centrale nei confronti delle istituzioni e dei gruppi di interesse locali. Egli, invece, auspicava, un decentramento legislativo e finanziario incentrato sulle regioni.
Pur caratterizzandosi per istanze politiche innovative sul piano istituzionale e sociale, da un punto di vista economico le posizioni liberiste di De Marco risentivano di un astratto dottrinarismo, che gli precludeva la possibilità di proporre soluzioni adeguate all'arretratezza meridionale in un contesto internazionale caratterizzato dall'imperialismo e dal protezionismo.
Salvatore Lucchese