Primo Maggio: il corteo per la festa dei lavoratori a Molfetta
MOLFETTA - Non tutti hanno dimenticato la strage dell'anno scorso, alla Truck Center. Non tutti si sono rassegnati a subire gli omicidi del lavoro, a dover sottostare ai ritmi alienanti di una concorrenza spietata. Quella concorrenza che è diventata il soggetto dell'economia, che determina oggettivamente l'azione lavorativa dell'uomo trasformandola in accessorio, in meccanico adeguamento a processi produttivi già scritti, già determinati.
C'è chi crede ancora nella forza del lavoro come azione oggettivante per eccellenza, come applicazione di quello stimolo creativo senza il quale nulla ci sarebbe più di originale, soggettivo, misterioso. Tutto in serie, tutto misurato, tutto buio. Di quel grigiore che domina le fabbriche, le serre, i posti di lavoro. Di quella cappa che questa mattina avvolgeva il cielo di Molfetta, alla partenza del corteo, in Via Annunziata, nei pressi della sede della CGIL. Ma i pochi audaci, con le loro bandiere rosse, si sono presto confusi con tanta gente, arrivata a marciare per il lavoro vero. Quello che dice se stessi, quello dà al mondo un po' di ciascuno di noi.
E questa mattina, i fiori rossi, tra le mani dei presenti, commemoravano la solidarietà di cinque uomini, quei cinque lavoratori che hanno stretto le loro vite contro la forza mostruosa dell'insicurezza, del rischio mortale. Quei fiori rossi erano per chi si è fatto vittima dell'interesse perverso che uccide l'uomo.
Passando per la villa comunale, dove è stata deposta la corona ai piedi della statua di Giuseppe Di Vittorio, fra le parole di Giuseppe Filannino, il corteo è giunto al cimitero comunale, dove è arrivato il sindaco Antonio Azzollini, di fronte a quei cinque nomi incisi nel marmo. Impressi sui cuori di chi alla solidarietà crede davvero. Perché c'è ancora un po' di umano nelle azioni delle persone, c'è ancora qualche stimolo soggettivo a rendere ogni atto unico, legato a tensioni irripetibili, a sentimenti puri, autentici. Senza interessi, senza profitto, senza interferenze. Come la corsa alla solidarietà che ognuno di quei cinque operai non tardò ad intraprendere, l'anno scorso, sacrificando la propria vita per gli altri.
E il cielo si è fatto più chiaro, e il corteo più festoso. Perché il Primo Maggio è la festa del lavoro, di quel lavoro in cui l'uomo cerca se stesso, in cui produce la propria ricchezza. La ricchezza che dice la vita, che dice i sentimenti, che dice la solidarietà.
Autore: Giacomo Pisani