Il terremoto del 1731 a Molfetta: molti danni e paura
I tragici avvenimenti vissuti in diretta TV, relativi al terremoto verificatosi alle prime ore del 6 aprile in Abruzzo, hanno attirato la nostra attenzione sul pericolo sempre incombente di questi imprevedibili fenomeni tellurici. D’altronde esso si è fatto sentire, per fortuna in forma leggera, anche da noi a Molfetta. Scorrendo un po’ la documentazione locale del passato, risulta che tali avvenimenti anche da noi incutevano terrore nell’animo della popolazione. Il terremoto avvenuto il 1731 fu avvertito anche a Molfetta, lasciando diverse testimonianze di danni agli edifici: graviter dannificatum in fabricis ad impetu horribilum terremotum riporta un documento notarile dello stesso anno. Alle ore 9,45 del 20 marzo 1731 (era la Settimana Santa) ci fu un terremoto con epicentro nel foggiano. A Molfetta fu molto sentito e provocò danni agli edifici. Purtroppo si contarono alcune vittime, crollò la casa del fu Carlo Sasso alla strada della Piazza, vicino alla chiesa di S. Andrea di fronte al palazzo del capitano Onofrio Tattoli (Via Piazza, 70), sotto le macerie morirono Camilla Mastropasqua di 67 anni, moglie di Pantaleo Sasso con suo figlio Paolo. Oltre al fabbricato citato si lesionò il palazzo Lepore situato tra la muraglia, Piazza Municipio e via Amente. Per preservarlo da ulteriori danni l’abate don Giuseppe Lepore, proprietario, chiese all’Università di Molfetta di poter costruire un arco di rinforzo a sostegno della facciata che dava sulla muraglia in attesa di restaurarlo. Un danno maggiore lo subì il Capitolo Cattedrale di Molfetta proprietario di numerose case; parecchie furono lesionate e quindi pericolanti, perciò gli inquilini per precauzione sloggiarono immediatamente. Le case evacuate furono alla strada della Piscina Nuova (Via S. Angelo), alla strada Trescine di fronte al forno della chiesa, alla strada di S. Orsola nel cantone di Cola Valente, vicino al campanile, alla strada di Scibinico, alla strada della Morte del forno di S. Andrea, alla strada della Piazza. Data la gravità dei danni il Capitolo Cattedrale, con una certa celerità, fece riparare le case. Danni subirono pure il palazzo vescovile e l’attiguo edificio del Seminario (Palazzo Dogana). Altre case private pericolanti furono il fabbricato dell’ex palazzo Tattoli poi Gadaleta in Via Mente. Una casa a Via S. Girolamo lato mare di proprietà di Giacoma Donata Sarnelli. Tale Lucrezia Fasciano avendo avuta danneggiata la sua casa a Via Scibinico, non avendo soldi per ripararla, chiese un prestito alla Grancia della Madonna della rosa. Danni si verificarono al monastero e chiesa delle monache benedettine di S. Pietro che abbandonarono la loro dimora. Cinque giorni dopo il sacerdote don Vito Gagliardi, procuratore del monastero, recuperò l’argenteria e gli arredi della chiesa di S. Pietro, depositandoli in un luogo più sicuro. Avendo la chiesa subito gravi danni, tra cui anche il crollo del campanile, il Gagliardi stipulò col muratore Marco Matera un contratto per le dovute e necessarie riparazioni. A completamento di queste note diamo l’interessante testimonianza di tale Carlo Domenico Porcelli, per molti anni salariato al servizio di Vito Minervini benestante, proprietario terriero e commerciante di derrate agricole. Egli dichiarò che nel 1731 ci fu un terremoto e tutti i cittadini si portarono ad abitare fuori. Vito Minervini, che all’epoca aveva 76 anni, fece costruire una baracca e si accampò con la sua numerosa famiglia, nel giardino delle sorelle Cavalletti alla piscina nuova (giardino del palazzo de Dato) portando con sè un baule pieno di oro e argento. Spesso da Corso Dante ci inoltriamo per la Villa Comunale o viceversa e quasi mai il nostro sguardo si posa su una lapide collocata in alto sulla facciata della casa edificata accanto alla chiesa del Purgatorio. Essa ricorda il terremoto del 27 agosto 1886; porta l’iscrizione “Has aedes sexto calendas septembris noctis silentio fere vertente terrae insultantis motu dirutas insequenti anno MDCCCLXXXVII eques Lioy Lupis ecclesiae rector reaedificavit”. Queste brevi testimonianze alquanto dirette sui danni provocati dalle scosse telluriche evidenziano sempre la loro pericolosità. La costituzione calcarea del sottosuolo della Terra di Bari limita i danni materiali, ma non la paura. Bibliografia: Biblioteca Comunale Molfetta, ms. 225; Archivio Diocesano Molfetta, Curia Vescovile, cart. 176, cart. 180, cart. 185; Archivio Comunale Molfetta, cat. 16, vol. 10; Sezione Archivio Stato Trani, notaio Ignazio Cavalletti, vol. 499, notaio Giacomo Domenico Leone, vol. 558, notaio Michele Romano, vol. 613; notaio Mauro Antonio Modugno, vol. 727, notaio Mauro Leonardo Tottola, vol. 839, notaio Mauro Fornari, vol. 1214.
Autore: Corrado Pappagallo