Come cambia il mondo dell’estetica
L’abitudine a volere tutto e subito porta spesso a credere che tutto sia dovuto e non guadagnato. Persino lo sbocco lavorativo, il punto che più sembra confondere le studentesse che si iscrivono all’Accademia di estetica (ma anche molto spesso gli studenti che scelgono di proseguire gli studi universitari). Fare i conti con la precarietà del lavoro, con le proprie illusioni e con quelle create dalla pubblicità è una caratteristica comune a tutte le ragazze che scelgono di intraprendere questo percorso? Per capire quale sia il ruolo, oggigiorno, che le accademie di estetica rivestono e quali siano le prospettive future che queste ultime promettono, “Quindici” ha intervistato alcune persone la cui formazione presso l’accademia è avvenuta qualche anno addietro. «Io non ho scelto di entrare nel mondo dell’estetica, lo sapevo e basta. Sin da piccola ho sentito di essere attratta dalla bellezza e volevo che questa passione si concretizzasse anche nel mio mondo lavorativo. Le mie aspettative sono state assolutamente soddisfatte, sono stata molto fortunata nel trovare insegnanti a cui stesse veramente a cuore la formazione dei propri alunni più che la reputazione della scuola stessa. Ritengo che sia molto importante trovare sulla propria strada delle persone qualificate e competenti, che possano essere dei modelli e dei punti di riferimento», dice Angela, 35 anni. «Quello dell’estetista è un lavoro in continua evoluzione: l’errore sta proprio nel fatto che esso venga così sottovalutato e limitato al semplice “limare le unghie e truccare”. Partendo dal presupposto che anche queste cose bisogna saperle fare per essere definite estetiste e non “strappapeli”, come ripeteva sempre la mia insegnante di dermatologia, io che ho frequentato una accademia a Bari e che pratico questa professione da anni posso garantire che lo studio e il lavoro nel mondo dell’estetica è questo e molto altro ancora. Il trucco e le unghie rappresentano soltanto un 30% di quello che fa un’estetista: il percorso triennale dell’Accademia prevede lo studio delle discipline più svariate. Chi si iscrive ad un’Accademia di estetica con la convinzione che sia leggera e semplice, si ricrede una volta che si trova a dover fare i conti con discipline quali la dermatologia, la chimica, la fisica, la psicologia. Per lavorare, e lavorare come si deve, nel mondo dell’estetica, non ci si può assolutamente fermare a quanto si apprende durante il percorso triennale dell’Accademia. É necessario aggiornarsi, informarsi, studiare per poter stare al passo coi tempi», aggiunge Paola, 46 anni. Per Francesca, 29 anni, «non si può pensare più al ruolo dell’estetista come vi si pensava una volta: un’estetista, mettendo le mani sul corpo delle persone, deve saper scegliere i cosmetici, consigliare prodotti che non danneggino la pelle, rappresentare un punto di riferimento cui potersi rivolgere quando si riscontrano problematiche riguardo alla pelle, per saper individuare di cosa si tratti e indicare la figura di competenza. E per fare tutto questo è necessaria tanta, ma davvero tanta cultura e tanta preparazione alle spalle. Attualmente, per legge, è possibile frequentare l’Accademia a partire dai 16 anni, stessa età prevista per la frequenza della scuola dell’obbligo. Proprio durante l’Esthetiworld 2018 tenutosi a Milano nel mese di ottobre è stata avanzata da due associazioni, la CNA e la Confestetica, la proposta di trasformare l’Accademia in un ciclo di studi cui si possa accedere una volta conseguito un diploma in qualsiasi istituto. È limitante, a mio parere, frequentarla prima di aver raggiunto il traguardo del diploma: se la si inizia a 16 anni è naturale che si riscontrino delle difficoltà nella propria realizzazione professionale perché, una volta completata l’accademia, a soli 19 anni si è troppo piccole per poter aspirare ad aprire uno studio in proprio, e non se ne hanno neanche le possibilità economiche». «Io ho frequentato l’Accademia a Bari dopo essermi diplomata e ho iniziato subito a lavorare affiancando qualcuna più esperta di me – racconta Tonia, 42 anni –. I miei docenti consigliavano sempre di rimboccarsi le maniche sin dall’inizio perché si tratta di un lavoro pratico, in cui l’esperienza fa tutto. Per quanto si possa aver studiato con diligenza è naturale sbagliare alle prime armi nel passaggio dalla teoria alla pratica: per questa ragione, prima di poter pensare ad avere un’attività propria, è assolutamente necessario fare da gavetta per comprendere quelle che sono le dinamiche del mestiere». Ma l’estetica può essere anche un sogno infantile. E’ stato così per Pina, 32 anni: «Il mondo dell’estetica è stato per me una passione da quando ero piccola, adoravo sin dalla tenera età avere a che fare con le acconciature. Mi sono sempre caricata di aspettative riguardo all’Accademia che ho frequentato e posso affermare che queste ultime siano state soddisfatte appieno. Per quanto mi riguarda le prospettive fornitemi prima dell’iscrizione sono state realistiche: io sto lavorando, sono riuscita a realizzare il mio sogno di diventare parrucchiera. È stata per me una scelta positiva, ma c’è anche chi dopo l’Accademia non si realizza. Il tutto dipende dalla serietà e dall’impegno con cui si frequenta l’Accademia dove si studia molto, contrariamente da quanto si possa credere. Tutto è andato secondo i miei piani: io sono stata avvantaggiata dal fatto di aver iniziato a lavorare come parrucchiera mentre studiavo ed è stato facile proprio per questo trovare sbocco dopo il percorso triennale». Dai sogni alle illusioni. «Pensavo che questo lavoro mi avrebbe dato la possibilità di vivere dignitosamente, ma ho dovuto fare i conti con la realtà fatta di precariato, costi e redditi scarsi – ammette Anna, 38 anni, che ha frequentato l’Accademia, ma poi sta avendo difficoltà nel mondo del lavoro –. Secondo me serve un orientamento per i giovani, vero il mestieri più richiesti dal mercato. Inoltre proprio su tali nuovi mestieri non ci sono scuole, mentre abbondano quelle per barbieri, parrucchieri ed estetiste. Occorre aggiornare mentre restiamo legati al passato. Poi dopo aver speso dei soldi, ci ritroviamo a dover pensare in proprio a un locale, alle attrezzature e ad altre spese varie. Per fare questo devi anche accendere un mutuo, sempre se la banca ti dà i soldi. Alla fine, se non riesci a mettere insieme una clientela, devi chiudere. E allora la prospettiva resta la disoccupazione o un lavoro in nero che, nel Sud, è quasi una regola. Insomma, va bene l’Accademia, ma alla fine è come se ti trovi una laurea, ma senza lavoro. Dobbiamo sperare nel reddito di dignità? Ma questo è assistenza, serve invece un lavoro». Per motivare il suo esordio da regista solo nel 424 a.C. recita così Aristofane nei suoi “Cavalieri”: “Prima di mettere mano al timone, bisogna in un primo momento fare il rematore; poi stare a prua a osservare i venti; e infine pilotare la propria nave”. Lo stesso paragone adoperato dal commediografo greco può definire il percorso da svolgere per poter diventare parrucchiera o estetista, per cui la fase del rematore coincide con la fase di formazione presso l’Accademia, l’osservazione dei venti a prua corrisponde all’affiancare un lavoratore più esperto e infine il pilotaggio della propria nave rappresenta l’apertura della propria attività. Il traguardo sperato, quello che forse sarebbe più adeguato raggiungere con un’organizzazione diversa dell’Accademia, da frequentare appunto dopo il conseguimento di un diploma, ma che prima di tutto, come in ogni tipo di professione, per esser raggiunto, va meritato. © Riproduzione riservata