MOLFETTA – E’ finita con una condanna, e i dovuti risarcimenti, la brutta storia della cooperativa edilizia Antares di Molfetta (della quale “Quindici” si è occupato più volte) che ha ‘bruciato’ il denaro di più persone, denaro destinato all’acquisto di una casa.
Gianluigi Sallustio, 66 anni, presidente della cooperativa, è stato condannato, su richiesta di rito abbreviato, a 3 anni di reclusione per estorsione, falso ideologico e abuso d’ufficio dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Trani Angela Schiralli.
Assolto invece con formula piena, il socio della cooperativa, Antonio Luigi Rinaldi, 58 anni.
Sallustio, che pretendeva da ciascun socio, secondo la sentenza (ma Sallustio contesta questa circostanza sostenendo che si trattava di acconto da versare all'appaltatore per i lavori di costruzione già eseguiti), una tangente di 30mila e 500 euro, inoltre dovrà risarcire gli acquirenti truffati, costituitesi parte civili, con una somma ancora da quantificare ma dovrà immediatamente pagare, come cifra provvisoria, 20mila euro ad ognuna delle parti civili.
Sallustio, che è stato interdetto dai pubblici uffici per 5 anni, dovrà poi risarcire, per i danni arrecati, con una somma di 20mila-euro il socio Sergio Azzollini.
Una sentenza che suona come una vittoria per i molfettesi ingannati che da oltre 4 anni cercavano giustizia per una casa negata e le cui responsabilità non sono state chiarite del tutto.
Non sono state accertate definitivamente accertate eventuali resposnabilità di Giuseppe Parisi, all’epoca direttore dell’Ufficio Tecnico del Comune, nel frattempo deceduto.
Stando al racconto dei querelanti la cooperativa edilizia Antares era sorta, come consuetudine nel molfettese, con lo scopo di dare ai cittadini consorziati, che possedevano i requisiti dettati dalle leggi vigenti, la possibilità di acquistare una abitazione a prezzi più vantaggiosi rispetto al mercato.
La cooperativa scelse poi di aderire alle opportunità consentite dalla Legge 865/71 (art. 51) per velocizzare i processi di “arrivo” alla casa.
L’Antares risultava essere composta da dieci soci, che tramite i dati individuali forniti dal presidente Sallustio alle competenti autorità comunali, acquisirono la qualifica di “assegnatari”.
Dopo anni di movimenti cartacei si passò poi alla edificazione ma già dai primi giorni i soci notarono uno sfrenato interesse del presidente alla costruzione.
«Constatammo poi – riferiscono più cittadini consorziati – che il presidente non risultava assegnatario, in quanto escluso per carenza di alcuni requisiti. Nel novembre 2005 – precisano - il Comune, a seguito di nostre segnalazioni, si attivò per chiedere al Sallustio la verifica dei requisiti dei soci, dando anche una breve scadenza temporale».
Non erano chiare le posizioni dei suoi parenti, suocera e cognato, poi scagionato.
«Il presidente non poteva non sapere o accedere a quei dati – puntualizzano - godendo dell’appoggio dell’Ufficio Tecnico comunale. Ufficio che lasciò passare ben 8 mesi in attesa di ‘sistemare le carte’ .
Sono stati questi i primi passi “ pesanti “ del Comune – accusano - che negli anni precedenti colpevolmente non ha mai espletato indagini o almeno controlli sui soci delle cooperative.
Quindi dopo altri mesi di colpevole indifferenza il Comune decise per una serie di determinazioni che apparentemente fecero ‘giustizia’.
Il dirigente del settore Territorio del Comune, l’ingegnere Giuseppe Parisi, sollecitato da noi più volte per chiarire la situazione, si era rifiutato asserendo che non era lui a dover controllare non essendo sua la competenza al riguardo.
Ciò permise a Sallustio di poter “aggiustare le carte”, cosa puntualmente verificatasi con la sparizione, certa, di documenti riguardanti la posizione dei soci, esclusi o sospesi, tutti parenti del presidente».
Dopo tutto ciò, affermano i nostri interlocutori, si sono create le condizioni per permettere al Comune, indebitamente ed illecitamente (v. L 241/90 ), di riammettere i soci esclusi in precedenza dal Comune stesso, i cui contenuti nulla avevano a che vedere con i dettami delle vigenti disposizioni, sempre sulla base di perizie di parte invece che dall’esame della loro richiesta di una mai prodotta dichiarazioni dei redditi.
«E’ palese – riprendono - l’atteggiamento di favoreggiamento, omissioni di atti di ufficio tenuto dal Comune verso il gruppo familiare del presidente e teso a legittimare situazioni di assoluta irregolarità da parte di quest’ultimo».
Per la tutela dei loro diritti i soci, non familiari del presidente, hanno avviato una azione civile, che è in corso, ed anche una azione penale presso la procura della Repubblica di Trani che per ora ha sequestrato, tramite la Guardia di Finanza di Molfetta, la documentazione della cooperativa sia presso lo studio del presidente che presso gli uffici del Comune.
«Grazie a questo connubio di connivenze tra il presidente ed elementi dell’ufficio tecnico del Comune – concludono amaramente - noi cittadini siamo stati danneggiati ed il sogno della casa si è trasformato al momento in un incubo. Questa gente ha tolto la serenità dalle nostre case e noi ci batteremo affinché chi ha sbagliato paghi. Speriamo che chi amministra la giustizia capisca ed appoggi le richieste di cittadini onesti che null’altro chiedono se non di poter , dopo anni di sacrifici, aspirare a poter acquistare una casa a prezzi civili senza tangenti o bustarelle.
Qui non esiste più il rispetto delle regole e l’osservanza delle leggi ma la sentenza di ieri ci ha dato nuova linfa».
In effetti non si capisce come chi aveva il compito istituzionale di controllare, non sia riuscito a farlo ma in ogni caso sarà solo la magistratura a stabilire, se e quali, sono state le responsabilità del Comune di Molfetta. Quella stessa magistratura che ieri ha condannato l’inventore e quindi primo colpevole di questa truffa.
Si spera che questa sentenza possa rappresentare un precedente per tante situazioni simili e soprattutto rappresenti un monito per il malcostume di molti costruttori e imprenditori edili locali (sullo scandalo dei prezzi delle case a Molfetta “Quindici” ha condotto una battaglia giornalistica fin dal primo numero) di chiedere denaro sottobanco e in nero, facendo lievitare i costi delle case, anche in cooperativa.
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