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Molfetta, “Prepararsi al clima che cambia”: lunedì incontro sul cambiamento climatico alla Sala Finocchiaro
14 aprile 2012

MOLFETTA - Come prepararsi al cambiamento climatico e affrontare l’inquinamento dell’aria? Questi i due temi centrali dell’incontro «Prepararsi al clima che cambia» alla Sala Finocchiaro (Fabbrica san Domenico) lunedì 16 aprile alle ore 18. Relqazionerà il prof. Stefano Caserini, docente titolare del Corso di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, ricercatore nel settore dell’inquinamento dell’aria e autore di diversi libri sullo stesso argomento (es. «A qualcuno piace caldo» del 2008 e «Guida e leggende sul clima che cambia» del 2009).
L’incontro è una delle iniziative del percorso didattico biennale «Un tesoro da salvare: il nostro territorio» del I Circolo Didattico, realizzato da due classi del plesso della Scuola Primaria “G. Cozzoli”, nell’ambito del PON «Le(G)Ali al sud: Un Progetto per la Legalità in ogni scuola». Le finalità del progetto sono favorire atteggiamenti e comportamenti positivi sia a livello individuale che collettivo ispirati al principio di legalità e rispetto dell’ambiente.
Alla manifestazione interverranno il sindaco Antonio Azzollini, l’assessore ai Servizi Sociali e alla Pubblica Istruzione, Luigi Roselli, e Antonello Mastantuoni, responsabile di Legambiente - Sezione di Molfetta. Moderatore il prof. Michele Laudadio, dirigente scolastico del I Circolo “A. Manzoni”.
 
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Le cause dei cambiamenti climatici sono varie: dal lento spostarsi della terraferma con la deriva dei continenti a piccoli mutamenti dell'orbita terrestre, da minute variazioni della luminosità solare all'azione dei vulcani. Ma ultimamente una nuova causa si è aggiunta a quest'elenco: l'azione dell'uomo. Infatti lo straordinario sviluppo industriale, che da almeno due secoli continua a ritmi crescenti allargandosi a sempre nuove aree del pianeta, sta immettendo nell'atmosfera miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Questo gas che un secolo fa era presente solo in una concentrazione di 280 parti per milione, oggi è arrivato a 360 ppm. L'aumento dell'anidride carbonica potrebbe portare a un innalzamento della temperatura media terrestre fra 1,5 e 3,5 gradi secondo gli scienziati dell'IPCC (Intergovermental Panel On Climate Change). L'anidride carbonica è infatti responsabile insieme ad altri gas (come il vapore acqueo, il metano o i famigerati CFC) del noto effetto serra. Cioè del fatto che il calore solare viene intrappolato nell'atmosfera invece di disperdersi nello spazio cosmico. Un progressivo riscaldamento del pianeta, causato dal cosiddetto “effetto serra”, provocherebbe non soltanto climi più caldi (cosa che, tutto sommato, potrebbe persino essere piacevole, dal momento che sarebbero le zone temperate e fredde a essere maggiormente coinvolte), ma causerebbe con ogni probabilità anche una notevole instabilità del clima, con maggiori rischi di siccità e di allagamenti, aggravati da un aumento del livello del mare valutabile fra 30 e 90 centimetri entro il 2100. Su questi tentativi di previsione regna, come è ovvio, l'incertezza a causa dell'enorme quantità di variabili in gioco. Tuttavia anche i più scettici stimano che ci sia un 30% di probabilità che si verifichi un cambiamento. Ma anche il 30% (cioè una probabilità su tre) costituisce un rischio che nessuno, semplice cittadino o politico, può permettersi di ignorare.
I pericoli prima, saranno le piogge acide. L'utilizzo di grandi quantità di combustibili fossili ha causato un generale aumento della dispersione nell'atmosfera di gas come il biossido di zolfo, l'ossido d'azoto e l'anidride carbonica; tali gas, combinandosi con l'ossigeno presente nell'aria e con la pioggia, formano sostanze fortemente acide come l'acido solforoso, l'acido solforico e l'acido carbonico, destinate a cadere al suolo con la pioggia. Taluni inquinanti aeriformi danno origine nell'atmosfera alla formazione di sostanze acide che possono causare un'anomala acidificazione delle precipitazioni. Ciò costituisce il fenomeno delle piogge acide, ma anche la neve, la nebbia, la grandine e la rugiada presentano talvolta livelli elevati di acidità. In assenza di precipitazioni, le sostanze acide presenti nell'aria possono ricadere al suolo dopo essere state adsorbite sulla superficie delle particelle del pulviscolo atmosferico. Tutti questi fenomeni sono noti come deposizioni acide. A certi livelli di intensità, esse possono causare gravi alterazioni nei cicli biogeochimici che hanno sede nei suoli, possono compromettere la vitalità delle piante e avviare la corrosione dei manufatti e delle opere murarie. Le conseguenze più evidenti sono oggi riscontrabili nel danno subito dai boschi dell'emisfero settentrionale e del patrimonio architettonico dei paesi più industrializzati. Sistemi marcati di deperimento dei boschi comparvero, a partire dalla fine degli anni Settanta, in ampie aree dell'Europa centrale e segnatamente in Germania. A livello mondiale risulta interessata dal fenomeno soprattutto l'area temperata e temperato-freddo dell'emisfero settentrionale (che ospita i paesi più industrializzati). In Italia i dati relativi al danneggiamento sono discordanti da regione a regione, forse anche per la soggettività di valutazione dei singoli rilevatori: è verosimile che, sul territorio nazionale, il livello di danneggiamento oscilla tra il 10 e il 20% del patrimonio forestale. Le conseguenze ambientali delle piogge acide, che a causa delle correnti atmosferiche possono frequentemente ricadere a grandi distanze (anche a 2000 km) dal luogo di immissione degli inquinanti, sono principalmente a carico degli ecosistemi forestali: gli inquinanti, oltre a concentrarsi direttamente nelle foglie penetrandovi attraverso gli stomi, hanno il contemporaneo effetto di solubilizzare l'alluminio nel terreno, che in forma ionica è tossico per le piante. Questo stesso meccanismo causa, nell'acqua, la morte per soffocamento dei pesci, le cui branche si incrostano di idrossido di alluminio. Le piogge acide provocano inoltre l'asportazione per dilavamento degli ioni calcio nel terreno e una pesante azione disgregante nei confronti delle pietre da costruzione calcaree, con i conseguenti rilevanti danni per il patrimonio architettonico e archeologico. Cosa fare e cosa si sta' facendo in merito?
Il progetto EPICA (European Projet for ice Coring in Antarctica), ossia la perforazione della calotta glaciale antartica, è stata avviata a partire dal 1996 a “Dome C” (Dome Concordia, 75°06'06” S, 123°23'42” E, altitudine 3233 m, temperatura media annua -54,5°C, punte al di sotto di -70°C). E' cofinanziato dall'Unione Europea, di cui sono coinvolti 10 stati membri. Particolarmente importante il contributo fornito dai programmi di ricerca di Francia e Italia, che in questo posto decisamente poco ospitale hanno permesso di realizzare la base scientifica Concordia, nella quale è possibile condurre esperimenti scientifici nel corso dell'intero anno. La parte italiana del progetto EPICA, da un punto di vista scientifico, è gestita da un gruppo di istituti di ricerca italiani che comprende università (responsabile italiano: Università degli studi Milano Bicocca), ENEA e CNR; dal punto di vista logistico ha il supporto, anche finanziario, del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide. Le operazioni di perforazione della calotta glaciale si sono concluse il 23 dicembre 2004, con l'estrazione dal carotiere di una porzione di ghiaccio proveniente dalla profondità di 3270,20 m. Si è stabilito di non proseguire oltre perché soli cinque metri più sotto sarebbe stato raggiunto un lago sub- glaciale, e non sarebbe stato possibile garantire la sterilità delle operazioni di prelievo dell'acqua. Le analisi condotte fino a oggi sulle carote di ghiaccio dimostrano che i dati raccolti corrispondono a un intervallo di tempo di circa 750.000 anni, quasi il doppio di quello studiato in precedenza con le carote di Vostok (circa 400.000 anni). Lo studio statistico delle variazioni nella composizione chimica del ghiaccio sembrerebbe avvalorare l'ipotesi condivisa anche da altri scienziati, che almeno per alcune migliaia di anni, non dovrebbero avvenire grandi cambiamenti climatici, ma permarrebbero le attuali condizioni “interglaciali”.

Dunque, il ruolo delle emissioni antropiche di gas serra nell'evoluzione del clima è ampiamente accertato. Sebbene il lavoro di ulteriore affinamento dei modelli e di reperimento di dati più precisi sull'andamento del clima nel recente passato sia sempre in corso, esso potrà portare a fornire risposte più precise su parametri particolari, soprattutto a livello più locale. Tuttavia, il dato macroscopico principale, che riguarda il riscaldamento globale della Terra, quali ne siano le cause, e quali saranno gli effetti che esso indurrà, non ha bisogno di conferme, ma di affinamenti quantitativi: questi sono senz'altro importanti, ma l'incertezza dei dati attuali è ormai così bassa che la sostanza del problema non potrà più modificarsi. Da aggiungere vi è ancora una riflessione sull'inerzia di questi effetti: la maggior parte dei gas serra, e in particolare la CO2, ha un effetto persistente sulla composizione dell'atmosfera. Una volta emessi, cioè, i gas serra permangono nell'atmosfera per secoli. Inoltre, l'effetto di riscaldamento permane, ovviamente, anche una volta che il loro livello si è stabilizzato. Non è quindi sufficiente ridurre le emissioni fino ma stabilizzare le concentrazioni – anche se questo è il primo essenziale passo - ma occorre altresì ridurle fino a provocare, a lungo termine, una riduzione delle concentrazioni stesse. Solo così si può pensare, a lungo termine, di fermare l'incremento di temperatura. In sostanza, gli effetti di cambiamento del clima indotti dall'uomo persisteranno per molti secoli: la grande inerzia del sistema Terra – atmosfera è il fattore positivo che ci permette, oggi, di rilevare in maniera relativamente ancora contenuta gli effetti sul clima delle pesanti perturbazioni che stiamo inducendo nell'atmosfera. Pesanti perturbazioni la cui l'origine antropica è certa. Questa inerzia del sistema, a lungo termine, diverrà – com'è ovvio – controproducente: il XXI secolo sarà il momento nel quale riscontreremo nel clima i cambiamenti dovuti alle emissioni nei decenni precedenti, mentre le auspicabili contromisure che verranno prese – a livello di riduzioni delle emissioni, prima, e di stabilizzazioni dei livelli di inquinante, poi – sortiranno più avanti i loro effetti. Proprio per questo, tuttavia, è importante che i provvedimenti sulle riduzioni delle emissioni antropiche siano presi e ottemperati il più velocemente possibile: quando una nave assai pesante è lanciata con discreta velocità verso una scogliera, è bene iniziare a fare “macchina indietro” il prima possibile, per poterla fermare in tempo. I modelli di previsione ci indicano che potremmo e dovremmo farlo, sebbene qualche danno allo scafo sia ormai inevitabile. Per ora, purtroppo, chi è al governo della nave sta ulteriormente forzando le macchine in avanti.
Stabilire cosa ci riservi il clima del futuro è un problema che rientra nel dominio della fisica, ma l'indagine sul clima del futuro presenta anche aspetti politici che sono ancor meno prevedibili del cosiddetto Earth System (sistema Terra). Oggi la scienza non è in grado di spiegare le variazioni climatiche che sono avvenute in passato e quindi non si capisce perché dovrebbero essere in grado di prevedere quello che avverrà nel prossimo futuro. Le difficoltà da carattere fisico sono complicate, nella previsione del global warming, da quelle di tipo politico. Nell'ipotesi di coloro che credono nella validità della previsione, il sistema climatico viene forzato dai gas immessi in atmosfera dall'attività antropica (gas serra). Uno di questi è l'anidride carbonica (CO2), emessa nei processi di combustione o di produzione di energia. La causa forzante è quindi legata inestricabilmente ai piani di sviluppo economici nazionali che sono soggetti a incertezze enormi. Le scoperte di nuovi meccanismi potrebbero portare a radicali cambiamenti nelle trattative internazionali che regolano la produzione di gas serra. Solo qualche anno fa, durante una campagna di misura nell'oceano Indiano, si è scoperto che i paesi in via di sviluppo che si affacciano su di esso producono grandi quantità di fuliggine, che ha lo stesso effetto riscaldante dello CO2. Ogni anno l'uomo immette nell'atmosfera oltre 26 miliardi di tonnellate di CO2, pari a 7 miliardi di tonnellate di carbonio, derivanti perlopiù dall'uso di combustibili fossili (le emissioni naturali di carbonio sono oltre 200 miliardi di tonnellate). La concentrazione del CO2 è cresciuta del 31% dal 1750 a oggi, raggiungendo un livello mai toccato negli ultimi venti secoli. Un fenomeno poco noto è il seguente: man mano che la concentrazione di CO2 crescerà, decrescerà la capacità di oceani e terreno di assorbire le emissioni di CO2 stessa, dando quindi luogo a un effetto di retroazione auto esaltante che porterà a un ulteriore aumento dell'inquinamento. La conclusione è che il nostro futuro potrebbe rivelarsi peggiore di quello che ci viene proposto. O forse migliore?

Il clima è il prodotto dell'interazione di tre vitali elementi: l'atmosfera, la terra e l'oceano. In una certa regione si possono avere estati secche e torride, inverni secchi e umidi, e mezze stagioni piuttosto calde e umide. In un'altra possono esserci estati tepide e umide, inverni miti e piovosi, e condizioni non migliori nelle mezze stagioni. Il tempo atmosferico invece, diversamente dal clima, è quello che ci accompagna giorno per giorno, e può darci cielo nuvoloso o sereno, pioggia, umidità, vento e via dicendo. Così, mentre il tempo può cambiare da un'ora all'altra e da una settimana all'altra, il clima rappresenta un modello medio relativo agli anni, ai decenni e ai secoli. In periodi lunghi, inoltre, il clima può cambiare. Un aumento o una diminuzione a lungo termine di un solo grado centigrado sono sufficienti a scatenare profondi cambiamenti come dimostra il fenomeno della Piccola Era Glaciale in Europa occidentale, che raggiunse il culmine alla fine del Diciassettesimo secolo. Una diminuzione di quattro gradi centigradi basta a provocare una vera e propria era del ghiaccio, con immediate conseguenze per l'habitat planetario: all'inizio dell'ultima glaciazione, quasi 11 mila anni fa, le calotte glaciali avanzarono a tal punto, da eliminare in un solo secolo enormi foreste dell'emisfero Nord. Quanto ai cambiamenti più recenti, quella che adesso giudichiamo “normale” è in realtà una delle fasi più calde degli ultimi mille anni. Tale fase calda dovrebbe essere considerata invece un esempio estremo di “bel tempo” prolungato. Nella terraferma dell'emisfero Nord, tra il 1881 e il 1983, l'anno più caldo è stato il 1981, e dal 1978 in poi si sono avuti tre dei sei inverni più caldi in assoluto. In breve, i cambiamenti del clima sono la norma. Una cosa è certa, per quel che riguarda il clima futuro: assisteremo a profondi mutamenti anche se lasceremo che il clima segua il suo corso naturale, senza sconvolgerlo per esempio con un eccessivo accumula di anidride carbonica nell'atmosfera. Tutto questo condiziona la nostra capacità di continuare a produrre cibo. Nelle varie zone del mondo il clima è un fattore critico, per l'agricoltura. Verso la fine degli anni Sessanta, le conseguenze della siccità nel Sahel furono gravissime per intere nazioni. Nel 1972, un'altra siccità danneggiò a tal punto la produzione di grano sovietica, che contribuì a far quadruplicare nel giro di due anni i prezzi mondiali. In India, la distruzione causata nel 1974 da un ritardo nella stagione dei monsoni coinvolse milioni di persone. Nel 1975, correnti di aria fredda rovinarono il raccolto di caffè del Brasile, provocando un forte rialzo inflazionistico dei prezzi del prodotto in tutto il mondo. Naturalmente un clima stabile, o meglio un clima dove i cambiamenti siano lenti e prevedibili, può essere invece estremamente benefico. Proprio come l'energia o l'acqua, il clima è uno dei tanti fattori essenziali che possono arricchire in misura rilevante la nostra vita. Se avremo il tempo di adattarci alle oscillazioni a lungo termine, potremo certo sperare di affrontare un futuro con un clima in continuo cambiamento.

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