TRANI – Sarebbe stata un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, con la distrazione di fondi pubblici destinati al nuovo porto commerciale e utilizzati diversamente per coprire buchi di bilancio e alle spese correnti per non sforare il patto di stabilità. E’ questa l’accusa che la Procura di Trani muove alle due persone arrestate (ai domiciliari) nell’ambito dell’operazione “D’Artagnan” (vedi il video) e cioè l’ex dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune, responsabile unico del procedimento del porto ing. Enzo Balducci e il capo cantiere della Cmc, ing. Giorgio Calderoni, oltre ai 62 indagati, fra cui l’ex sindaco di Molfetta sen. Antonio Azzollini presidente della commissione Bilancio del Senato e molti assessori della sua giunta e altre figure istituzionali.
L’indagine è cominciata nel 2010 con i Pm Antonio Savasta e Giuseppe Maralfa, coordinati dal Procuratore aggiunto Francesco Giannella con l’utilizzo della Guardia di Finanza e del Corpo forestale dello Stato (nella foto, da sinistra: Capristo, Giannella, Maralfa, Savasta)
Secondo il Procuratore Capo Carlo Maria Capristo il porto difficilmente vedrà la conclusione (come “Quindici” ha sempre sostenuto) per la presenza di migliaia di ordigni bellici inesplosi presenti nei fondali anche perché, secondo la Procura, i lavori, a fronte di questa situazione di pericolosità non dovevano mai iniziare.
Il dott. Capristo ha anche detto che i lavori di sminamento del porto sono stati fatti con molta superficialità, con “imprudenza e sciatteria”, portando perfino alla creazione di una discarica all’interno del porto stesso. A questo si aggiunge il danno ambientale creato con l’eliminazione dell’alga Poseidonia che ha favorito la formazione dell’alga tossica a Molfetta.
Infine il Procuratore Capristo ha detto che la magistratura sta indagando anche sul suicidio del dirigente comunale Enzo Tangari, per scoprire come mai un funzionario così corretto abbia deciso di togliersi la vita, gettandosi con la sua auto proprio nelle acque del porto.
Insomma, come “Quindici” ha sempre sostenuto, la vicenda del porto nasconderebbe vari profili di illegalità destinati ad ulteriori clamorosi sviluppi. Ironia del destino, l’operazione D’Artagnan che confermerebbe la disastrosa condizione dei bilanci comunali e la distrazione di fondi del porto per coprire questi buchi e perfino le spese correnti per far sembrare in ordine i conti, avviene a poche ore dal consiglio comunale di Molfetta, convocato alle 17 proprio per parlare della fallimentare condizione dei soldi pubblici e del loro uso spregiudicato, secondo le accuse della Procura di Trani. Ma l’ex sindaco Azzollini, come il suo capo Berlusconi, continua a negare l’evidenza e a sostenere come non solo sia tutto in regola, ma che Molfetta abbia uno dei migliori bilanci d’Italia.
“Sono pronto a chiarire tutto alla magistratura e chiedo di essere ascoltato quanto prima”, ha detto in una conferenza stampa il sen. Antonio Azzollini, e ha precisato che il Comune "non ha buchi in bilancio" e che "i soldi per il porto stanno tutti lì'', peraltro, ha aggiunto, quei soldi sono destinabili anche ad altre opere pubbliche". “Invece di accusarci, ha concluso Azzollini, dovrebbero ringraziarci per aver compiuto una grande operazione di bonifica del porto dagli ordigni bellici”.
Intanto il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, dopo le notizie di questa mega truffa che è stata data da tutti i media nazionali, ha chiesto le dimissioni immediate del sen. Antonio Azzollini da presidente della commissione Bilancio del Senato.
Ecco il comunicato diffuso dalla Procura dopo la conferenza stampa:
«Militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari ed appartenenti al Comando Provinciale del Corpo Forestale dello Stato di Bari, di Ravenna e Reparti dipendenti hanno eseguito nelle prime ore di questa mattina 2 ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari emessi dal G.I.P. del Tribunale di Trani, su richiesta della Procura della Repubblica a quella sede, nei confronti del dirigente del settore Lavori Pubblici del Comune di Molfetta (BA) e di un imprenditore – rappresentante, in qualità di procuratore speciale, della Cooperativa Muratori & Cementisti C.M.C. con sede in Ravenna – entrambi responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, reati contro la fede pubblica, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e reati ambientali.
Sequestrata l’area destinata al nuovo porto di Molfetta per un valore di 42 milioni di euro circa nonché la residua somma di finanziamento pubblico (pari a 33 milioni di euro) non ancora utilizzata dal Comune di Molfetta.
Le misure cautelari giungono al termine di un’indagine avviata nel 2010 dalla Procura della Repubblica di Trani sulla gestione delle procedure relative all’appalto integrato per la realizzazione del nuovo porto commerciale marittimo di Molfetta.
L’attività di polizia giudiziaria ha preso le mosse da una segnalazione dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture di Roma diretta alla Procura della Repubblica di Trani concernente presunte irregolarità relative al predetto appalto d’opera con cui venivano ipotizzate alcune limitazioni della concorrenza nel bando di gara predisposto dalla stazione appaltante (Comune di Molfetta).
Sulla base dei fatti e delle circostanze denunciate dall’Autority, venivano avviate immediate investigazioni, sviluppatesi attraverso acquisizione documentali presso uffici pubblici, l’escussione di persone informate sui fatti, ricognizioni di luoghi, perquisizioni di società nonché intercettazioni telefoniche, che consentivano di far luce sulle irrituali modalità di aggiudicazione della commessa pubblica in questione da parte del Comune di Molfetta.
Le indagini hanno messo in evidenza come un ingente fiume di denaro pubblico sia stato veicolato a favore del Comune di Molfetta per la realizzazione della diga foranea e poi del nuovo porto commerciale, grazie ad una serie di atti illegittimi ed illeciti, di interferenze amministrative e di condotte fraudolente che hanno provocato l’esborso complessivo di circa di 83 mln. di euro (a fronte di un valore totale dell’opera, quantificato in 72 mln. di euro ed a fronte invece di un impegno finanziario complessivo, sin ora preso, pari a 147 mln. di euro); e senza che l’opera sia stata realizzata e senza speranza di conclusione, nei termini previsti, considerata la presenza massiccia di ordigni residuati bellici nei fondali marini oggetto dei lavori.
L’operazione trae origine da un appalto del 2006 per la realizzazione di opere foranee e del Porto Commerciale di Molfetta affidato dal Comune ad un’ A.T.I. (Associazione Temporanea di imprese) costituita da Cooperativa Muratori & Cementisti C.M.C. di Ravenna, SIDRA S.p.A. di Roma e Impresa Pietro CIDONIO S.p.A. di Roma.
Le indagini hanno fatto emergere come il costo dell’opera sia stato (tutto compreso) quantificato in 72 mln di euro. A fronte di ciò, però, l’impegno complessivo pubblico (dapprima regionale poi statale) è stato previsto per un totale di 147 mln. di euro a seguito di varie leggi di finanziamento della stessa a partire dal 2001 e di ulteriori leggi di rifinanziamento a partire dal 2008. Incassati dal Comune 83 mln. di euro; la somma sin ora complessivamente e materialmente spesa per il porto è stata, invece, di circa 42 mln di euro.
Il Comune di Molfetta aveva quindi proceduto all’illegittima assegnazione di parte della commessa in argomento al fine di:
- destinare al pagamento delle spese correnti le disponibilità economiche rinvenienti dai finanziamenti e dalle erogazioni statali concesse con la specifica e vincolata destinazione al pagamento dei lavori di completamento della diga foranea e di ampliamento del porto commerciale;
- far risultare nei bilanci di previsione un fittizio equilibrio economico-finanziario dell’Ente comunale attestando falsamente il rispetto del “patto di stabilità” da parte del Comune medesimo assicurando quindi la stessa sopravvivenza finanziaria del Comune di Molfetta evitando il rischio default.
Ciò avveniva, come dimostrato dalle indagini svolte, attraverso l’alterazione della veridicità delle spese correnti proprie dell’Ente comunale, a tal fine usando l’artificio contabile di scrivere nel capitolo di bilancio in conto capitale relativo ai finanziamenti statali erogati per il completamento della diga foranea di Molfetta e per l’ampliamento del porto commerciale spese non riferibili a tale titolo e non pertinenti ad esso (e pertanto da imputarsi in conto spese correnti).
In pratica, l’incondizionata disponibilità finanziaria pervenuta, fin dal 2001, in capo al Comune si è tradotta in una sorta di gestione del potere pubblico-finanziario nel consapevole ed illegittimo utilizzo dei fondi pubblici (destinati per legge esclusivamente ai lavori di prosecuzione ed ampliamento della diga foranea e del porto), appostandoli in bilancio in modo da far apparire il pareggio dello stesso, il formale adempimento del patto di stabilità e quindi la stessa sopravvivenza finanziaria del comune di Molfetta, evitando il rischio default.
In tale contesto si innesta la nota e storica vicenda degli ordigni bellici che ancora si addensano su buona parte del fondale dell’area portuale di Molfetta ivi compresa quella interessata dall’esecuzione dei suddetti lavori e che di fatto hanno reso e rendono impraticabile l’esecuzione degli stessi.
Invero, il Comune di Molfetta sin dal 2004 affidava ad una ditta specializzata un’attività dedicata di scandaglio dei fondali, interrotta nel 2005 proprio a causa della enorme concentrazione degli ordigni bellici presenti.
Le indagini hanno dimostrato che la presenza di ordigni sul fondale del Porto, ben nota quindi alle parti contraenti ancor prima della consegna dei lavori, e oggettivo ostacolo alla realizzazione delle opere foranee, non ha dissuaso dall’attivare la citata gara d’appalto né, soprattutto, l’esecuzione dei lavori portuali senza una effettiva e preventiva bonifica dei fondali. Anzi, ad un certo punto dell’iter esecutivo è stata anche formalizzata un’onerosa transazione pari ad ulteriori 7,8 mln di euro – tratti dai fondi pubblici – per risarcire l’ATI appaltatrice del ritardo nell’esecuzione dei lavori stessi.
Inoltre, a causa di tali ostacoli, si è stati anche costretti a ridimensionare di parecchio l’intervento esecutivo, senza proporzionali riduzioni del compenso.
La vera attività di bonifica dei fondali iniziava solo nel luglio 2008 a cura di apposito nucleo della Marina Militare e cioè dopo la consegna alla citata A.T.I. dei lavori relativi al porto.
Nella complessa vicenda le indagini hanno, infine, riscontrato altri numerosi reati, tra cui una serie di illeciti ambientali e paesaggistici, consistenti nella realizzazione di una discarica abusiva (cosiddetta “cassa di colmata”) all’interno dell’area di cantiere del porto – nella quale sono presenti numerosi ordigni bellici rimossi durante le operazioni di dragaggio del fondale non smaltiti secondo la normativa vigente, nonché materiali di risulta delle opere di scavo sottomarino in violazione della normativa che regola la gestione dei rifiuti (D. Lgs. n.152/2006), nonché del T.U. dell’edilizia (D.P.R. n.380/2001), del codice del Paesaggio (D. Lgs n.42/2004) e della disciplina speciale in tema di bonifica da ordigni bellici.
Nel corso delle indagini venivano infine accertati numerose gravi violazioni alle norme poste a tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico. Il Comune di Molfetta al fine di conseguire i finanziamenti aveva falsamente asserito l’inesistenza sull’area portuale di vincoli imposti dalla normativa europea e nazionale in tema di ambiente e paesaggio. L’area interessata dagli interventi insisteva, infatti, in una zona tutelata dal Piano Urbanistico Territoriale Tematico per il Paesaggio (P.U.T.T.) della Regione Puglia poiché area ambientale protetta nonché assoggettata sia a vincolo storico-paesaggistico che ambientale-naturalistico, in parte ricadente nel sito di importanza comunitaria denominato “Posidonieto San Vito - Barletta”.
Si evidenziato come, il percorso compiuto dal Comune per ottenere i detti finanziamenti, passava anche attraverso l’asserita inesistenza, sull’area portuale molfettese, di vincoli imposti dalla normativa europea e nazionale in tema di ambiente e paesaggio con particolare riferimento ai S.I.C. - Siti di Importanza Comunitaria (Rete Natura 2000-Direttiva Habitat) tesi alla tutela di habitat naturali quali sono le acque portuali molfettesi ricche di colonie di alga Poseidonia.
A fronte dell’attività investigativa sono, come detto, state tratte in arresto (ai domiciliari) due dei responsabili (l’ex dirigente comunale Vincenzo Balducci) ed il procuratore speciale della C.M.C. nonché direttore di cantiere Giorgio Calderoni.
E’ stato inoltre eseguito il sequestro dell’area destinata al nuovo porto e la somma residua di uno dei mutui della Cassa Depositi e Prestiti destinati al finanziamento dell’opera».
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