Politecnico e Università nell'occhio del ciclone. “Agitazione sarà peggio che nel 1968”
Dure le parole di un ricercatore nel commentare le manovre romane: “L'Università ne uscirà distrutta”
BARI - Prosegue la protesta dei ricercatori, nelle Università pubbliche della Puglia. Circa 300 gli esami sospesi al solo Politecnico di Bari causate dal 30% della docenza che è in agitazione, già dal 2 luglio, contro quello che la Finanziaria e il DDL Gelmini prevedono per il futuro del mondo accademico. Intanto dal 16 luglio riprenderanno gli esami.
Ma da settembre, all'inizio del nuovo anno, lo scenario potrebbe essere disastroso con un quinto dei corsi a rischio, al Politecnico.
Ecco le principali tappe che hanno portato allo stato attuale delle cose.
25 giugno - Il Senato Accademico, che è organo garante della didattica, nella sua riunione, non può schierarsi ufficialmente dalla parte di studenti, professori e ricercatori in protesta. Manifesta la sua vicinanza a tali figure e rimanda ai Consigli di Facoltà (C.d.F.) la decisione in merito alla sospensione dell'attività didattica.
30 giugno - Riunitosi il C.d.F. dell'Università di Taranto si decide di appoggiare la protesta e la sospensione di lezioni frontali, esami e ricevimenti.
2 luglio - Il C.d.F. del Politecnico di Bari segue quello di due giorni prima. Alle 13:20 si prende la decisione di sospendere gli esami, migliaia di studenti coinvolti per centinaia di esami. L'occupazione simbolica del rettorato, era presente lo stesso Magnifico: è il primo grande evento mediatico.
9 luglio - Nel pomeriggio si tiene un incontro tra ricercatori e studenti durante il quale si decide di procedere come di seguito. Intanto all'Ateneo ci si riunisce per redigere un documento unico che avvia la protesta: tra le altre c'è la sospensione dell'attività didattica fino al 16/7.
12 luglio - Si tiene il sit-in di protesta organizzato da Studenti Democratici, rappresentanza studentesca di maggioranza al Poliba, nell'atrio principale del politecnico.
15 luglio - Dopo l'assemblea indetta dal rettore al quale parteciperanno docenti e studenti, sotto le colonne del teatro Piccinni, a Bari, verranno allestiti dei banchetti e la prenotazione degli studenti alle varie prove avverrà all'aperto, dalle ore 18:00.
16 luglio - gli esami riprenderanno regolarmente.
"Vogliamo dimostrare la crisi della cultura in un suo luogo simbolo." E' questo lo slogan di uno dei 16 membri del Coordinamento Regionale di ricercatori che rappresentano Poliba, Università del Salento, di Foggia e di Taranto.
Rientrerà, quindi, il blocco didattico che ha messo in ginocchio gli studenti impossibilitati, tra le varie, ad accumulare i crediti necessari ad accedere alle borse di studio.
Resta, piuttosto, l'ombra di "un disegno di legge che spezza le gambe alla ricerca". Ed ad alzare la voce, in prima linea, non ci sono i ricercatori precari, ma quelli a tempo indeterminato che rimarranno in qualsiasi caso nell'Università.
Una figura professionale istituita l'11 luglio 1980 e che il DDL Gelmini mira a cancellare nel tempo. Chi rappresenta tale categoria verrà posto ad esaurimento, i concorsi sono ormai congelati da 5 anni, ed affiancato nei progetti di ricerca da nuove figure professionali, perennemente precarie e verosimilmente incapaci di garantire una fondamentale continuità al progetto stesso.
Intanto il succitato Coordinamento Regionale ha redatto un documento emendativo che verrà a breve consegnato alle figure politiche competenti. All'interno si pone nuovamente al centro la figura del ricercatore e si propone il blocco del turnover al 20% (attualmente c'è una nuova assunzione solo dopo 5 pensionamenti).
Ma il documento emendativo, il blocco degli esami e la protesta che si terrà al Piccinni potrebbero rappresentare solo la punta di un iceberg che rischia di affondare definitivamente, ironia della sorte, la nave dell'Università Pubblica che dal '68 non navigava in acque così tempestose.
A settembre, comunica l'associazione 29 aprile, migliaia di ricercatori potrebbero rifiutare le supplenze, in tutta Italia. Nel solo Politecnico barese il 40% dei corsi sono tenuti da quel 30% dei docenti costituito dai ricercatori. Il 15% di essi avrebbe già espresso l'intenzione, se in estate la situazione dovesse precipitare, d'aderire alla clamorosa forma di protesta. "Ma d'altro canto - ci dice un ricercatore, sguardo stanco, voce malinconica - questo sarebbe proprio il gioco del Ministero dell'Economia e di quello della Ricerca. Sarebbe inevitabile l'impoverimento dell'offerta formativa e l'Università ne uscirebbe a pezzi".
Se lo scenario dovesse delinearsi, come prospettato, gli studenti, attuali e futuri, saranno costretti a cercare nel privato quei curricula che non saranno più offerti dallo Stato. Dove questo non sarà possibile, Ingegneria non è presente nel settore paritario, emigrare all'estero non solo per affermarsi ma già per la formazione. L'Italia si farebbe artefice della 'Fuga dei cervelli 2.0', "la fuga dei cervelli futuri."
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Autore: Sergio Spezzacatena