MOLFETTA - In questi giorni che precedono il ballottaggio il clima fra il centrodestra e il centrosinistra si sta arroventando. Avviene sia con i manifesti, sia attraverso i social network.
La condanna del voto di scambio tiene banco e, oltre alle associazioni che hanno condiviso la campagna dell’Azione Cattolica (già protagonista della marcia sulla legalità: anche a questa iniziativa l’amministrazione Azzollini non aderì), ci sono i partiti e i Movimenti di centrosinistra che continuano la loro campagna di educazione soprattutto nei confronti dei giovani e di quella fascia di popolazione più debole che viene avvicinata, approfittando della situazione di bisogno.
Molfetta è balzata a livello nazionale per questa turpe pratica, dopo essere considerata una città a illegalità diffusa. Così, dopo essere stata la “città delle belle donne”, “la città della pace”, “la città dei fossi”, Molfetta è ormai definita la città del “voto di scambio”: basta allontanarsi di qualche chilometro per rendersi conto di questa nuova definizione, di cui vergognarsi, soprattutto perché è la città di Gaetano Salvemini che si è battuto anche contro questa pratica già nel 1913.
Stranamente il centrodestra non ha gradito questa campagna contro il voto di scambio. Eppure non era rivolta a loro, era abbastanza generica. Forse una coda di paglia? Non lo crediamo, come non ci spieghiamo le proteste fatte da parte del sen. Antonio Azzollini, che sarebbe arrivato perfino ad aggredire verbalmente in un comizio il curatore della stessa campagna, Graziano Salvemini, al quale è stata subito data la solidarietà della stessa Azione Cattolica e di molte associazioni che hanno condiviso la campagna, fra cui “Quindici”, che da sempre si batte contro il voto di scambio, denunciando tutti i tentativi di metterlo in atto.
Ma torniamo alle ultime battute sulla campagna elettorale. Il candidato sindaco del centrodestra Ninnì Camporeale ha dichiarato, un po’ ipocritamente, subito di non voler fare apparentamenti con nessun partito, contrariamente al centrosinistra dove c’è stato l’apparentamento fra la coalizione di Paola Natalicchio e Gianni Porta di Rifondazione comunista, mentre con Bepi Maralfa e il suo Movimento Linea Diritta c’è stato un accordo per procedere insieme nel sostegno al ballottaggio della stessa Natalicchio.
Calcolando che le due coalizioni sulla carta si equivalgono, l’Udc di Pino Amato si ritroverebbe, con i suoi quasi 2.000 voti, a essere l’ago della bilancia.
Amato ha dichiarato chiaramente che non appoggerà la coalizione di centrosinistra, con la quale è stato all’opposizione in questi ultimi anni, ma sentendosi rifiutato (Paola Natalicchio ha subito e sempre escluso una possibile alleanza) deve, giocoforza sostenere il centrodestra. Ne va, infatti della sua sopravvivenza politica. Infatti, col centrosinistra Amato non entrerebbe in consiglio, mentre col centrodestra sì.
Non essendo autolesionista, è chiaro che farà convergere i propri voti su Camporeale, col quale secondo i ben informati ci sarebbe già un accordo, anche se l’uomo di Azzollini nega, sapendo di mentire. Comunque dai comunicati ufficiali agli accordi reali, la politica ci ha abituati a escludere i primi utilizzati come tattica, preferendo strategicamente gli accordi sottobanco o di retrobottega. E questo è avvenuto, in passato, per ogni parte politica.
Tra l’altro allo stesso Camporeale i voti di Amato servono e questa pantomima ricorda ai cittadini la canzone del grande Enzo Jannacci: vengo, anch’io, no tu no (ma certamente sì, ma non diciamolo in giro!).
E’ sicuramente da escludere l’ipotesi un po’ campata in aria della possibilità che Pino Amato lasci liberi di scegliere i propri elettori: non ci sembra vocato al suicidio, anche per l’attivismo di queste ore ad incontrare persone, ad avvicinare cittadini per sollecitare consensi, dimostra il contrario.
Lunedì sera si vedrà dove sono finiti i voti di Pino Amato e se faranno la differenza per portare al Comune Ninnì Camporeale e quali saranno gli accordi fatti per l’amministrazione della città, nella quale l’Udc vorrà sicuramente un ruolo importante, anche perché deve ingoiare diversi rospi, dal conflitto con Azzollini alla presenza di Carmela Minuto e Mangiarano, “traditori” del suo partito per passare dall’opposizione in maggioranza con l’ex sindaco.
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